La storia è presto raccontata. Nel lontano 1995 una donna eredita, assieme ad altri familiari, una casa sul lago, ma decide di cederla perché non interessata. Com'è logico attendersi, di quella vendita la protagonista inizia a perdere memoria. E la casa sul lago diventa un lontano e sfumato ricordo. Anche perché, nel frattempo, lei si trasferisce in Sud Africa. E da laggiù l'Imu fa meno paura. Ma allo Stato nulla sfugge ed ecco riemergere dal passato - per un problema informatico al Catasto - quei quattro vani in zona Domaso, sui quali inizia a pendere la mannaia dell'odiata tassa sugli immobili.
A tutti capita di sbagliare. E, nella nostra storia, il Catasto è intervenuto per porre rimedio al guasto. Ma le cronache quotidiane sono affollate di vicende analoghe. Nelle quali il cittadino si ritrova, suo malgrado, a dover dimostrare a uno Stato che lo accusa di non aver nulla di cui essere accusato. Prendiamo, ad esempio, la grandinata di raccomandate inviate dalla Regione a migliaia di lombardi per chiedere il pagamento di tasse automobilistiche asseritamente non pagate. Molti dei destinatari, sufficientemente ordinati e scrupolosi da non essersi sbarazzati di documenti vecchi di anni, hanno scoperto che nulla dovevano perché sempre in regola con i pagamenti. E alcuni, pur convinti di aver sempre rispettato le scadenze, hanno pagato perché non abbastanza metodici nella conservazione delle ricevute.
È giusto che uno Stato pretenda dai suoi cittadini il pagamento di quanto dovuto per far funzionare quei servizi garantiti a tutti. Ma è proprio per questo motivo che quello stesso Stato non può trattare i cittadini onesti alla stregua degli evasori e dei furbetti del fisco.
Quante volte si è scritto e denunciato e raccontato di quelle aziende in credito con le pubbliche amministrazioni costrette a sudare le proverbiali sette camicie per riuscire a farsi pagare il dovuto. E quante volte è stata sottolineata l'iniquità di uno Stato che con la destra non paga e con la sinistra sfila i soldi a quelle aziende costrette a versare le tasse per fatture mai incassate, eppure inevitabilmente messe a bilancio.
Un cittadino onesto, una società in regola con il fisco, un professionista per il quale il nero è solo il colore di una lavagna, non possono sobbalzare sulla sedia quando ricevono una raccomandata dall'Agenzia delle Entrate o, peggio, da Equitalia. Non è giusto. Non è - a dispetto del nome dell'ente esattore - equo. Il volto intransigente dello Stato punisce spesso gli onesti, non i furbetti. E consegna agli evasori un'ottima occasione per fregiarsi dell'immeritato titolo di vittime.
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