Parola di banchiere: «Un’aggressione all’Italia, alle sue imprese, alle sue famiglie, ai suoi cittadini». Mai, come stavolta, dall’Abi (l’associazione bancaria) era arrivato un giudizio così severo, con parole pesanti, su un giudizio espresso da Moody’s, una delle tre principali agenzie di rating che tengono le redini delle economie nazionali e della finanza mondiale.
Ieri il presidente dell’Abi, Giuseppe Mussari, ha perso le staffe. E con lui buona parte della politica italiana, - maggioranza e, in parte, opposizione - oltre che del mondo produttivo.
Del resto banchieri e politici qualche ragione per arrabbiarsi ce l’hanno. L’agenzia di rating ha motivato la decisione di colpire le 26 banche italiane a causa della «recessione dell’Italia e dell’austerity del governo che riduce la domanda di breve termine». Ma come, dicono banchieri, politici e imprenditori: lo scorso anno si riduceva il giudizio di affidabilità proprio perché l’Italia non appariva abbastanza severa nel suo controllo dei conti e adesso il Paese è ancora punito per la "troppa" austerità?
Un ragionamento che ha la sua logica, tanto che la Consob ieri sera ha provveduto a richiamare a rapporto i vertici di Moody’s. Inutile negare che a questo punto vi è il forte sospetto di un’operazione a freddo, basata su obiettivi di speculazione della finanza privata mondiale.
Si riapre, perciò, proprio la questione di chi sono queste agenzie, delle loro proprietà e dei criteri che ispirano le scelte e i giudizi, organismi "terzi" e non sottoposti ad alcun vaglio popolare ma in grado di condizionare le scelte economiche e politiche degli Stati. Moody’s, Standard & Poor’s, Fitch sono, come dimostrato da autorevoli ricercatori, un conflitto d’interesse vivente, controllate come sono da società di gestione del risparmio. Quindi finanziate e pagate da chi dovrebbe essere controllato e giudicato, primo interessato a speculare sui mercati influenzati dal giudizio delle agenzie.
Un guazzabuglio inestricabile, dunque, sul quale - per inciso - la procura di Trani ha aperto da tempo un’indagine. Dubbi, sospetti, sia chiaro, nulla di più per ora, ma dubbia e sospetti che i vertici istituzionali e imprenditoriali hanno fatto loro questa volta e sui quali anche l’Europa è intervenuta in passato cercando, per ora senza costrutto, di dar vita a un’agenzia veramente indipendente da Stati e finanza, soprattutto da quella finanza che, attraverso proprio le agenzie di rating, dette un giudizio di massima affidabilità a Lehman Brothers pooco prima della bancarotta 2008.
Il guaio, per ora, è fatto: le 26 banche dovranno spendere di più per finanziarsi sul mercato e dare maggiori garanzie per i prestiti della Bce. Il che, per l’Italia, vuol dire ulteriore stretta al credito e comunque maggiori esborsi. Senza dimenticare che, se sarà default in Grecia, le stesse agenzie come prima mossa ridurranno ancora il rating dei Paesi più deboli dell’eurozona. Se non è, come ha detto Casini, un «piano criminale» questo...?
umberto Montin