Ma mentre nel centrosinistra, stante il vantaggio in vista del secondo turno per il voto del sindaco, ci si può permettere di glissare. (anzi, conviene, anche se la questione, in caso di vittoria, è solo rinviata), dall'altra parte, quella che deve tentare una disperata rimonta, il silenzio rischia di diventare ancora più penalizzante.
La crisi del centrodestra comasco si legge attraverso tanti indicatori: la disastrosa esperienza amministrativa che va a morire in questi giorni, il crollo dei consensi, l'abbandono da parte del tradizionale blocco sociale di riferimento, la maldestra e un po' sguaiata campagna per il ballottaggio (mutata pari pari su quella già rilevatasi perdente di Letizia Moratti a Milano). E il silenzio imbarazzante e imbarazzato opposto a quelli che non sarebbe stato difficile ridimensionare a innocui buffetti da parte di Taborelli, De Santis e Traglio, che invece si sono trasformati in macigni quasi tombali su un ceto locale in agonia politica. Un politico di lungo corso e non di seconda scelta come il coordinatore provinciale, Alessio Butti, avrebbe potuto replicare per esempio, che forse la volontà di una discesa in campo dei tre rappresentanti autorevoli della società civile comasca non era poi così ferrea. E lui lo sa bene.
Una politica orgogliosa, forte delle proprie ragioni e che non accetta di restare sotto scacco avrebbe ruggito: se volevate davvero tentare il salto nell'agone amministrativo tenendovi lontani dalle pretese egemoniche dei partiti perché non lo avete fatto comunque? Altri hanno imboccato questa strada e con risultati tutt'altro che disprezzabili. Se Rapinese ha sfiorato l'approdo al ballottaggio con una corsa che più solitaria non si può, dove sarebbe arrivata una lista civica trasversale sostenuta dalle migliori espressioni della trincea del lavoro, delle categorie, delle professioni e delle associazioni che animano la vita sociale comasca?
Perché questo è uno spunto di riflessione che riguarda tutti: partiti e non. E conferma che sul terreno di questa consultazione elettorale comasca che si concluderà domenica e lunedì, resta una grande occasione mancata. Con responsabilità importanti dell'ex coalizione di governo locale, ma non solo. La differenza è che Taborelli, De Santis e Traglio, perlomeno hanno accettato porre il problema, correndo il rischio di subire la ripartenza di una politica che, come avrebbe potuto obiettare qualche esponente di partito, si sarebbe dovuta limitare a cedere i voti e poi farsi da parte senza poter dire né ah né bah. Che nessuno abbia alzato il ditino dà ragione una volta di più alla voglia di supplenza della società civile, che però non ha avuto il coraggio di affondare il pedale dell'acceleratore.
Peccato. Perché l'assordante e il barcollante silenzio della politica dimostra che l'intuizione era giusta: c'era un vuoto da riempire. Ora a urne chiuse servirà un nuovo patto sociale. Ma questa è un'altra storia che si comincerà a scrivere da martedì.
Francesco Angelini
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