Il ministro Cancellieri lancia l'allarme e per un attimo il messaggio viene oscurato, per così dire, dalla fonte. Ma come, è proprio un tecnico a ventilare uno stop all'immigrazione, a causa della drammatica situazione occupazionale di casa nostra? Già, ci era parso di sentir parlare la Lega, e sarebbe scoppiato il finimondo. Invece, se le reazioni non sono mancate, tutto sommato non sono state poi così veementi.
Forse proprio perché siamo fuori dall'arena strettamente politica. O forse perché si impone il padre di tutti i problemi, il quesito che ci tormenta spesso: gli immigrati servono al nostro pur martoriato sistema produttivo, causa il disinteresse degli italiani verso le mansioni etichettate come meno nobili o più faticose? È quanto raccontano ancora molti imprenditori. E non riguarda solo i lavori stagionali, per cui lo stesso ministro ha confermato il decreto, certa di un mercato affamato.
Nella selva oscura di aziende a pezzi, si fanno strada luci, ovvero imprese che vanno avanti e vorrebbero persino assumere. Per riuscirci devono mettersi di impegno e addirittura aprire la benefica caccia mesi prima. In parecchi casi, latitano gli operai specializzati.
Un esempio. Un'azienda meccanica a cui serviva un tornitore in questo periodo, si era messa in pista fin dallo scorso autunno, sulla scia dell'esperienza passata. In prima battuta, si è presentato solo un candidato: si trattava di un egiziano, guarda caso.
Calzante era la diagnosi, quasi un sospiro, del titolare di quell'azienda: «Si parla tanto di crisi, ma di riscontri reali non ne trovo». Secondo lui pochi giovani morivano dalla voglia di fare il tornitore, quindi neanche si mettevano a frequentare i corsi professionali.
Sull'attualità di questa analisi - pochi mesi dopo, ma sembra trascorso un secolo - dobbiamo interrogarci. Le statistiche dipingono uno scenario devastante tra cassintegrati, disoccupati e ragazzi che non cercano nemmeno più un posto, per non parlare della tragedia dei suicidi. È proprio lo scenario da cui attinge il ministro Cancellieri con la sua riflessione di queste ore. L'idea che abbiamo ancora la pancia piena e che possiamo permetterci di snobbare una professione ritenuta poco affascinante, o con turni massacranti, dovrebbe essersi dissolta. Al contrario, le associazioni di categoria continuano a lanciare l'appello per tornare a frequentare le scuole professionali.
Sentenziava il titolare di quella ditta in perenne ricerca del tornitore: «Un Paese non sta in piedi solo con medici, architetti e avvocati». Lauree che peraltro hanno in tasca una parte di immigrati giunti nel nostro Paese: salvo doverle dimenticare, per vivere.
Marilena Lualdi
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