Lucini è stato bravo. Ha vinto le primarie nonostante non fosse il candidato ufficiale del partito (i pasticci ai preliminari sono una specialità del Pd), ha imposto a una coalizione molto targata (dipietristi e vendoliani) la propria credibilità di persona seria, onesta, per bene e professionalmente inappuntabile, è riuscito a togliere pure un po' di patina da ex ragazzo dell'oratorio dalla sua immagine pubblica, dimostrandosi al contempo tenace, puntiglioso e preparato. Ora tocca a lui. Sarà durissima. Per lo sfascio che gli tocca gestire, per la carenza strutturale di risorse, ma soprattutto per il vizio congenito della sinistra italiana di iniziare un secondo dopo le sue rare vittorie a pianificare pervicacemente e inesorabilmente l'autodistruzione della maggioranza, frantumandola tra gruppi, gruppetti, gruppuscoli, intellettuali della Magna Grecia in disarmo ed ex rivoluzionari in pensione con l'uzzolo della sociologia sessantottarda. Che Lucini ne stia alla larga, per favore.
Ma la vera notizia, il neosindaco ci perdoni, è un'altra. La vera notizia è il suicidio del centrodestra. Un suicidio perfetto. "La Provincia" lo aveva già scritto dopo il primo turno e torna a ribadirlo ora: queste elezioni segnano un punto di non ritorno per il Pdl e la Lega di Como. Da questa disfatta non si esce adducendo improbabili fattori esterni o maledicendo un imponderabile spirito dei tempi che oggi atterra come un giorno suscitava e tantomeno baloccandosi con fantomatici complotti del quotidiano locale orchestrato dai poteri forti che vogliono usurpare ai partiti il loro naturale diritto di raccolta e gestione del voto popolare. Ridicolo.
Cerchiamo di essere seri: se il Pdl e la Lega vogliono avere ancora un senso in questa città vedano di uscire al più presto da questo schema infantile e dietrologico, prendano atto del disastro della giunta uscente che è loro espressione, riflettano sul livello molto spesso penoso della classe dirigente locale e si ricordino soprattutto che non si può andare avanti tutta la vita a succhiare la ruota ai Berlusconi e ai Bossi, che tanto pensavano a tutto loro mentre nel frattempo si poteva tranquillamente nascondere la spazzatura sotto il tappeto. Come insegna Machiavelli, non bisogna mai affidarsi solo alle armi degli altri, perché se poi queste vengono a mancare, si resta soli, indifesi e senza uno straccio di credibilità. E alle urne si viene fatti a pezzi.
Ora, l'intera gestione elettorale del Pdl è stata insensata. Se si fosse voluto riaffermare con tutta la sua forza e la sua oggettiva dignità il primato dei partiti c'era una sola cosa da fare: candidare sindaco il coordinatore del Pdl comasco Alessio Butti, dominus della politica locale. Se si fosse invece colto lo stato di crisi gravissima del centrodestra, ci si sarebbe dovuti inventare un colpo di fantasia che superasse i vecchi marchi screditati sintetizzando in una persona di alto profilo, specchiata moralità e percorso professionale insindacabile le nuove esigenze della Como moderata (maggioritaria in città) e permettendogli di formare una squadra avulsa dai giochetti delle correnti e degli interessi di parte e invece garanzia di governo eccezionale per un momento storico eccezionale. I nomi c'erano. Probabilmente avrebbero vinto, forse anche al primo turno. Si è invece preferito dare una affannosa e superficiale verniciata di società civile inventandosi all'ultimo momento Laura Bordoli, peraltro persona seria, onesta e per bene che non meritava certo di essere messa in campo e poi lasciata sola durante tutta la campagna elettorale. Il risultato finale è noto.
Ora Lega e Pdl si facciano un po' di conti in casa propria. Affari loro. Ma si ricordino bene una cosa. L'unico errore che non si deve fare, che non si può fare, è lasciare quella grande fetta di città moderata senza rappresentanza. Sarebbe un disastro per il centrodestra, ma anche per la nuova maggioranza, che deve avere un interlocutore credibile in consiglio. Questo giornale seguirà con la massima attenzione l'emergere di un nuovo gruppo dirigente moderato che sappia contribuire alla rinascita di Como e a sfidare a pieno titolo Mario Lucini al prossimo giro. È così che funziona nelle città che vogliono avere un futuro.
Diego Minonzio
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