Negli ultimi mesi, ne sono successe già di tutti i colori. Verdetti, arresti, squalifiche a singhiozzo. E si aspettava, da settimane, il colpo grosso. Infatti questa volta è grosso. De Rossi ha detto: peggio del 2006.
Difficile fare classifiche. Ma insomma, è un po' diverso. Il clamore dei nomi coinvolti e certe modalità formali riportano ai grandi scandali del passato. La memoria è tornata ai bitz del 1980, commentati da un attonito Paolo Valenti durante Novantesimo Minuto. Perché oggi, come allora, è stato profanato il tempio. L'irruzione negli stadi e negli spogliatoi di allora, come quella della polizia di ieri mattina a Coverciano. Le perquisizioni, i sospetti e le accuse sono tutte uguali, ma c'è un non so che di blasfemo, o solo di stridente, quando arresti e perquisizioni avvengono là dove dovrebbero esserci sport e gioco.
E la memoria torna, anche, a Calciopoli del 2006, nome ereditato da Tangentopoli, sconquasso che colpì le big. Oggi come allora, alla vigilia di un impegno della Nazionale, l'imbarazzo di un ct (allora Lippi, oggi Prandelli) violato nella sua concentrazione da una vera tempesta. Verrebbe da dire, per consolarsi, che l'Italia in certi frangenti reagisce, suda e lavora per restituire verginità al calcio italiano all'estero, dove passiamo ormai per mafiosi acclarati. Ma non è vero del tutto, perché se gli azzurri trovarono la forza di vincere il Mondiale nel 2006 forse anche come reazione alle tristi vicende, nell'Europeo giocato in casa del 1980, gli azzurri delusero e in più si beccarono la contestazione dei tifosi.
Piuttosto, se molti tratti di questa storia rappresentano purtroppo un deja-vu, a noi pare che la vera novità di questa vicenda sia il coinvolgimento dei tifosi come parte attiva. A Bari è ormai appurato che i capi ultrà minacciarono i giocatori affinché perdessero delle partite così da scommettere a colpo sicuro. Ieri, invece, sono circolate foto di capi ultrà del Genoa assieme a due indagati rossoblù (Criscito e Sculli) e a uno dei cosiddetti "zingari". Nessuno sa di cosa parlassero, ma insomma la comitiva fa pensare.
I tifosi sono sempre stati la parte lesa di queste vicende. Per natura, per costituzione, per storia, per immagine, per quello che volete voi, sino a ieri era difficile immaginare una svolta così clamorosa nei ruoli di questa commedia dell'arte che si chiama calcio. Se, però, adesso anche i tifosi entrano nel marcio e sacrificano i colori della propria squadra per interessi economici, comportamenti sin qui contestati solo a tesserati e dirigenti, significa che il virus si è allargato a dismisura. Si è arrampicato come un'edera sugli spalti.
Significa che questo calcio ha seminato una tale misura di nefandezze, di comportamenti antisportivi, di utilitarismo assolutamente amorale da violentare il meccanismo nei suoi valori. E' questo l'aspetto più amaro su cui riflettere. Un calcio non più credibile che finirà per ammazzare i sogni dei bambini all'oratorio. Le scommesse sono un controsenso, viste dal punto di vista dei tesserati. Ha ragione Albertini, bisognerà fare un passo indietro su questo terreno.
La sensazione è che sia un male difficilmente guaribile. A meno di sanzioni pesantissime. Ma abbiamo dubbi comunque. Questo è il paese delle furbizie, delle scorciatoie, dei guappi. Sarà dura estirpare la radice velenosa. Resta un dubbio. Un quesito. Sette partite di A e 17 di serie B. E la Lega Pro? Possibile che sul terreno più fertile per certe manfrine, proprio perché il più lontano da telecamere e riflettori, non abbia attecchito il marciume? O si è indagato solo a livelli mediaticamente più interessanti? Bella domanda...
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