Non nascondiamoci dietro a un dito: siamo da un po' di tempo in una situazione del genere e cominciamo ad aver la sensazione di non saperla più controllare. Scrivo queste righe nel mio studio al quinto piano di Palazzo Strozzi, nel centro di Firenze: a pochi metri da me, in un'aula stracolma, si aspettava d'iniziare una riunione durante la quale il nostro direttore avrebbe dovuto probabilmente annunziare a qualche nostro impiegato o funzionario che purtroppo la contingenza economico-finanziaria ci vieta di tenerlo ancora con noi, e frattanto gli intervenuti parlavano del pasticcio vaticano, dello scandalo del calcioscommesse, del dissesto greco e spagnolo, del processo di Rignano conclusosi con assoluzioni e con l'ira dei parenti delle supposte vittime.
Ogni tanto uscivano fuori da quel concitato chiacchiericcio, magari così tanto per ridere, ferali annunzi: il Mille-Non-Più-Mille, la profezia maya sul 21 dicembre prossimo, la lista dei Papi profetizzati da San Malachia ch'è ormai pervenuta al penultimo posto, del terremoto. Nel bel mezzo di questi ragionamenti, la terra ha tremato anche qui: una scossa lieve, eppur distintamente avvertita da tutti e interpretata subito, istintivamente, come il segno decisivo, la riprova. L'assemblea s'è sciolta, i partecipanti si sono precipitati per le scale. Io sono rimasto seduto alla mia scrivania: ma con la sensazione che da qualche parte, nel nostro continente, sia attraccata la nave che porta i topi nelle cui pellicce albergano le pulci nello stomaco delle quali prolifica la «Pasteurella Pestis».
Siamo alla convergenza di eventi carichi di gravi o comunque di inquietanti presagi, e stentiamo tutti a ritenere che si tratti di pure coincidenze: per quanto la ragione c'inviterebbe a ritenere in effetti che così sia. Quale rapporto può mai esserci fra un direttore d'istituto bancario vaticano licenziato, un maggiordomo sempre vaticano preso con le mani nel sacco, alcune scosse telluriche, lo scoppio dell'ennesimo scandalo nel mondo dello sport, l'esito insoddisfacente e preoccupante delle elezioni in Italia vinte dall'antipolitica e dai disertori delle urne, l'incerto domani economico-finanziario della Grecia e forse della Spagna, il ritorno almeno apparente agli anni di piombo del terrorismo, l'epidemia di suicidi insieme con qualche sia pur isolato episodio di strage omicida e l'aggravarsi delle crisi siriano-iraniana?
Alcuni di questi eventi sono tanto fatali quanto inevitabili; altri costituiscono l'esito di una dinamica in alcuni casi già presente nella nostra società da mesi se non da anni; altri ancora potevano essere previsti e possono essere in qualche modo affrontati, magari però ci siamo fatti sorprendere di contropiede.
Una prima risposta a questa gragnuola di informazioni tutte poco simpatiche, qualcuna decisamente spaventosa, dovrebbe essere costituita da un rapido e solido incrementarsi della serietà mediatica: responsabili di stampa, tv e spettacoli più attenti e severi, opinione pubblica meno incline a oscillare tra i due esiziali poli opposti della noncuranza e del panico.
Una cinquantina di anni fa, al tempo del boom economico, ci sembrava che tutto il male del mondo ci stesse alle spalle. Vennero poi gli anni di piombo e ci accorgemmo di quanto eravamo vulnerabili.
Ora è forse in atto un movimento ancor più complesso, l'assestarsi (o il dissestarsi) della globabilizzazione giunta alla sua svolta postmoderna, con gli strumenti nazionali, sovranazionali e lobbistici di cui disponiamo che si vanno dimostrando insufficienti, inadeguati e incapaci di rispondere alla sfida dell'emergenza con repliche appropriate. La risposta deve forse partire dal Grado Zero della nostra capacità di concepire i rapporti interpersonali: la solidarietà. Cominciamo col riscoprirci tutti compartecipi di una stessa eredità e solidali nell'interesse comune di conservarla.
Rivedere i nostri stili di vita e ridistribuire le ricchezze. Prevenire i cataclismi sociopolitici. Quelli naturali ci sono sempre stati. Solo che, magari, oggi fanno più paura perché ci colgono indeboliti. Una debolezza che non è né sempre né solo fisica o economica.
Franco Cardini
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