Lo spunto, impagabile, lo ha offerto lo stesso Berlusconi a margine del suo incontro con i gruppi del Pdl a Roma.
Dopo aver argomentato che un'eventuale uscita dell'Italia dalla zona euro non sarebbe un'evenienza impossibile - diciamo noi: impossibile no, pericolosa sì -, l'ex premier se ne è uscito con un'idea da lui per primo definita "pazza". Questa: «Cominciamo a stampare euro noi con la nostra Zecca».
Ed ecco che, come per magia, sullo schermo della nostra immaginazione rivivono le figurine ritagliate di Totò e Peppino, portinaio e tipografo che, complice una matrice recuperata per caso, nel film di Camillo Mastrocinque pensano bene di risolvere la crisi stampando moneta in proprio.
Non che Berlusconi proponga alla Zecca di trasformarsi in tipografia clandestina, ma poco ci manca. Soprattutto, fa balenare davanti alla nostra fiducia corrosa dalle incertezze, dalle precarietà e dalle battute a vuoto dell'economia, una soluzione "facile", una trovata da copione cinematografico. Ovvero una di quelle uscite a presa rapida che tanta impressione fanno sul pubblico ma che hanno anche caratterizzato la parte peggiore del lungo regno berlusconiano.
Forse c'è del vero nell'affermazione che quello dell'euro non può e non deve essere un "dogma", come ieri ha ribadito Berlusconi e come parte della destra europea sembra sostenere, ma non è con trovate da avanspettacolo che si restituisce peso alla politica mortificata dai burocrati e appaltata ai tecnici di Bruxelles.
Tra le tante lezioni da dover mandare a memoria in questa travagliata stagione storica, c'è anche quella che la politica deve recuperare in serietà istituzionale, in sobrietà delle proposte e in coraggio di fronte all'impopolarità.
Sono proprio le mancanze dimostrate in questi settori, non solo da Berlusconi ma dalla politica italiana in generale, ad averci consegnato ai tecnici e ad aver limitato, come tanti osservano, la sovranità nazionale. Prima di ridare alla politica ciò che appartiene alla politica, bisognerà accertarsi che non ci siano più in giro tentazioni di grasso populismo e di istantaneo magnetismo mediatico.
La partita della crisi non si gioca con i soldi del Monopoli, altrimenti per uscire da Vicolo Stretto e tornare finalmente a Parco della Vittoria ci vorrà davvero troppo tempo.
Mario Schiani
© RIPRODUZIONE RISERVATA