Sentirsi come su un treno semivuoto in piena notte. Terribilmente soli, assaliti dalla paura, senza punti di riferimento cui aggrapparsi. Sensazione che conoscono bene i tanti lavoratori rimasti senza occupazione, come il centinaio di dipendenti della storica stamperia Star di Oltrona San Mamette che, dopo le vacanze di Natale, si sono trovati di fronte alla doccia fredda della messa in liquidazione della loro azienda.
Padri e madri di famiglia da mesi nello sconforto, preoccupati per un presente duro e un futuro più che incerto. Una quotidianità fatta del mutuo da pagare, della mensa dei figli, dello scuolabus, delle spese mensili fisse che diventano insostenibili quando gli arretrati sono pagati con il contagocce e l'indennità di cassa integrazione tarda ad arrivare, per colpa di una burocrazia tanto anonima quanto cieca.
L'altra faccia della crisi, quella più umana e prossima, perché di questi tempi non c'è più nessuno che possa ritenersi esente dal rischio di trovarsi come su un treno in corsa, nel buio della notte, in preda alla paura di non arrivare indenne al capolinea, che per chi è senza lavoro ha lo spettro della terza settimana. In quei momenti è un attimo sentirsi soli, disperati, abbandonati se non da tutti, da molti. Dal datore di lavoro, che spesso fa prevalere la dura legge dei numeri, senza ricordarsi che l'economia è fatta di persone. Dalle istituzioni, sia quelle più vicine come i Comuni, sia i politici sempre più in affanno a trovare risposte concrete a bisogni reali. Dal sindacato che invitato - come accaduto alla Star - a un'assemblea convocata dai lavoratori, non si presenta. Un'assenza motivata, certo, ma che viene vissuta come una sorta di abbandono da chi, senza certezze, ha bisogno di sentire almeno il sostegno di una parola e un po' di solidarietà.
Nel caso della Star il sindacato ha messo in campo tutti gli strumenti del caso, ha cercato di attivare i propri canali per fare arrivare possibili acquirenti. Lo ha fatto anche il sindaco, tentando di trovare manager in grado di far ripartire la Star, contando anche sulla disponibilità finanziaria garantita da Silvio Berlusconi. E allora perché i dipendenti della Star si sono sentiti soli, venerdì, quando in assemblea non c'erano i sindacati di categoria? Quella sensazione di sconforto ricorda che chi è disperato, perché senza prospettive, vive anche di piccoli gesti di solidarietà. Delle parole di incoraggiamento di un parroco, come quello di Olgiate, nei momenti più duri della vertenza Sisme. Del conforto di una colletta - come quella organizzata dagli ex dipendenti della Pontelambro che ha dichiarato fallimento - per alimentare un fondo di solidarietà secondo il principio che chi sta meglio deve aiutare chi è meno fortunato. Un moto spontaneo di aiuto che può fare scuola e rete all'interno di una comunità per far sentire meno solo chi si trova come su un treno semivuoto in piena notte.
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