La notizia, in verità, era nell'aria. Restava solo da capire chi (e quando) l'avrebbe ufficializzata. Due giorni fa il sindaco Mario Lucini aveva ribadito per l'ennesima volta che non avrebbe alzato l'aliquota base dell'Imu sulla prima casa (promessa mantenuta), né sulle attività di impresa, ma aveva messo le mani avanti: «Tra tagli e patto di stabilità ci troviamo a dover recuperare qualcosa come 14,5 milioni di euro». Erano puntini di sospensione che aspettavano solo di essere riempiti e non ci voleva Einstein per intuire che stava per sputare il rospo. Ieri mattina ha fatto un ulteriore passo, pur senza esplicitare cosa e quanto: «C'è un'unica ricetta, diminuire le uscite e aumentare le entrate». Eccoci. Il primo scoglio non poteva essere scansato ancora a lungo, anche perché il bilancio va approvato entro il 30 giugno.
E allora tanto valeva prendere l'argomento di petto, pur nella consapevolezza che l'annuncio determinerà i primi inevitabili scossoni sulla breve navigazione dell'amministrazione Lucini. Ci ha pensato l'assessore al bilancio Giulia Pusterla che, da tecnico qual è, ha messo le carte in tavola: «In cima alla lista ci sono i tagli». Che, tradotto, vuol dire ridurre gli sprechi, la spesa corrente, risparmiare sugli appalti. Al secondo posto ha messo la dismissione del patrimonio immobiliare e la lotta all'evasione. Fine dei preamboli. Tempo zero ed è arrivata al doloroso dunque: «Andremo a toccare sicuramente l'aliquota sulle seconde case e l'addizionale Irpef». Pare di sentirla la sua amica d'infanzia Laura Bordoli (Pdl), che aveva impostato la campagna elettorale del ballottaggio sulla sinistra gabellara. Ma la Pusterla ha tirato dritto: «Non taglieremo in alcun modo i servizi ai cittadini, è un punto fermo. E non andremo a gravare sulle fasce deboli». Quindi ha chiuso con una promessa: alleggerire la pressione dal 2013, una volta che daranno i loro frutti la task force contro l'evasione e le prime dismissioni (si parla di 62 alloggi).
Discorso serio, da tecnico serio. Ma alla gente alla fine rimane in mente solo una cosa. Anzi, due: aumentano l'Irpef e l'Imu sulla seconda casa. Il ragionamento è più o meno questo: «Mi garantisci i servizi? Certo, ma mi aumenti le tasse e così li pago ancora io».
È la stessa reazione seguita al decreto "Salva Italia", con il quale Monti ha aumentato benzina, Iva, Irpef e reintrodotto l'Ici, sia pure con un nome nuovo. «Ci voleva un tecnico per farlo?», dissero in molti allora. Strano parallelismo, invero, quello tra il governo Monti e la nuova amministrazione Lucini. E probabilmente anche improprio.
La realtà, tecnicismi a parte, è che per rispettare il patto di stabilità le entrate di Palazzo Cernezzi dovranno superare le uscite di 9 milioni e mezzo. A questo va aggiunto il peso della riduzione dei trasferimenti erariali e il conto è fatto: totale 14,5 milioni. Una cifra che, curiosamente, è perfettamente identica a quella messa a bilancio per anni (e mai incassata) dell'operazione Ticosa.
La verità - e non lo diciamo per difendere nessuno - è che il problema sta a monte. I Comuni italiani sono letteralmente con le braghe di tela, come ha dichiarato ieri il sindaco di Salerno, Vincenzo De Luca, prendendosela in primis con i vertici del Pd: «In questo momento, nell'indifferenza generale, i trasferimenti sono stati tagliati dell'80%. Questo si traduce nell'impossibilità di garantire i servizi essenziali, nell'imbarbarimento dei nostri territori, oltre che nel fallimento dei Comuni». Tutto vero, come è vero che il tanto sbandierato federalismo si sta rivelando una beffa senza precedenti.
Resta il fatto che la gente ne ha le tasche piene (anzi, desolatamente vuote) e non ne può più. Per cambiare passo davvero, giusto per parafrasare uno slogan di Lucini, Como ha bisogno di ritrovare il sorriso e la fiducia nel futuro. Non di nuove tasse.
Emilio Frigerio
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