Le richieste di aiuto sono in continuo aumento e bastano i dati diffusi a sottolineare quanto la situazione tenda ad allargarsi. L'anno scorso infatti il Banco Alimentare ha distribuito 109 tonnellate di cibo. Ora, a conti fatti, con lo stesso quantitativo si arriverebbe a malapena all'estate. Sono gli effetti della crisi che creano nuove soglie di povertà e che hanno bisogno di essere segnalati con forza, perché dietro a questi "numeri", c'è un bisogno vero che non riguarda il superfluo, ma l'indispensabile.
Non si può continuare a far finta che tutto vada bene, perché la crisi non ha toccato direttamente la nostra realtà e non ha messo in crisi il modello di vita cui per anni ci siamo abituati. Vivere in una società complessa e instabile come quella di oggi significa rivedere anche la nostra vita alla luce di quella "fame" che diventa sempre più pressante, un vero e proprio allarme, che colpisce in modo sempre più numeroso le famiglie comasche. Vuol dire che è necessario fare un passo indietro rispetto a quel superfluo che noi riteniamo ancora indispensabile e a volte irrinunciabile, a quell'indifferenza che ci porta a lasciar correre, anche a livello educativo, rispetto agli sprechi, soprattutto di cibo, che a volte avviene nelle nostre famiglie, nelle mense scolastiche, nei ristoranti.
Questo "allarme fame" ci dice che l'individualismo che abbiamo costruito intorno a noi e al nostro benessere di facciata, ora non ha più senso e potrebbe trovare degli spiragli di apertura solidale. Oggi, più che in altri momenti, diventa necessario aprirsi agli altri, scoprire il valore della solidarietà come atto di rinuncia a quel superfluo che non serve alle nostre vite materiali e alla nostra crescita umana, a quei piaceri di cui possiamo anche fare a meno, perché da essi non dipende il valore e la qualità della nostra vita. Sono chimere che ci siamo costruiti per nascondere un vuoto di valori, che ci hanno portato ad isolarci sempre di più, a pensare solo nei termini di un egoistico soddisfacimento di quelli che riteniamo i nostri bisogni.
Qualche rinuncia, oggi, si può fare, anche solo pensando che in quelle famiglie che chiedono aiuto al Banco Alimentare ci possono essere di bambini che magari mangiano solo quando possono o solo se aiutati. Se pensiamo ad un bambino che non ha da mangiare, qualche rimorso di fronte al "troppo" che a noi non sembra mai sufficiente lo dobbiamo provare nel nostro cuore. Allora è arrivato il momento di pensare chi potrebbe aver fame oggi: un vecchio, un bambino, una donna incinta. La nostra rinuncia potrebbe costarci poco, ma sarebbe un esercizio di moralità che aiuterebbe a pensare meno a noi stessi e ad aprirci agli altri scoprendo un piacere diverso, che riconcilia con l'idea di fratellanza umana, quello dell'aiuto e della solidarietà reciproca. Oggi, pensare in questi termini, diventa per ognuno sempre di più una scelta importante, anzi un dovere al quale è difficile sottrarsi.
Fulvio Panzeri
© RIPRODUZIONE RISERVATA