La Rai é la Disneyland dei partiti: terreno di caccia dei politici, che ne conoscono anche gli anfratti più reconditi. Questo avviene sia perché la televisione era e resta il più importante vettore di consenso nella nostra società, sia perché il legame fra politica e tv è tale che alcuni esponenti politici sono diventati col tempo dei veri e propri uffici di collocamento in forma umana per i professionisti del piccolo schermo.
L'indicazione di Anna Maria Tarantola alla presidenza Rai viene dopo la controversa designazione del nuovo Board della Autorità per le comunicazioni, interpretata dai giornali come una spartizione partiticratica. Pescare per lo scranno più alto della televisione pubblica una donna che viene dalla Banca d'Italia, l'istituzione più rispettata del Paese, è stato il modo con cui Monti ha voluto dare un segnale forte, tracciare un solco fra sé e le forze politiche che lo sostengono.
"Nominare" persone a presidio dei diversi tentacoli della grande piovra pubblica è attività quintessenzialmente "politica". C'è una sorta di residuo feudale: si stabiliscono vincoli di fedeltà, nominatori e nominati tessono una relazione che in alcuni casi si perpetua per anni.
Delle indicazioni per AGCOM e Privacy, hanno stupito due cose. La prima, nonostante il successo di Grillo e la moltiplicazione dei politici che twittano, è il fatto che la domanda di trasparenza che veniva dalla rete è stata bellamente ignorata. La seconda è la scarsa qualità, sul piano delle competenze tecniche, di molti dei nuovi "nominati".
I partiti sono stati due volte miopi. Da una parte, non hanno saputo capire un pubblico minoritario ma informato e influente come quello delle persone che usano Internet per esprimere la propria partecipazione politica. Per queste persone, l'Agcom è naturaliter un sorvegliato speciale. Hanno risorse intellettuali e conoscenze dirette, per entrare nel merito dei provvedimenti. E se ne sentono toccati, nella misura in cui per l'Autorità la rete è spazio di intervento,
Dall'altra, quel che è più grave, hanno privilegiato la mera appartenenza a scapito della competenza.
E' vero che non è una novità in Italia, ma specialmente quando si ha a che fare con decisioni di elevata complessità è un grosso rischio. Chi conosce i settori regolamentati dall'Agcom, in consiglio, spadroneggerà - a spese degli altri, e di chi li ha indicati.
In questo scenario, scegliendo Cardani e Tarantola Monti ha voluto dire: io sono altra cosa. Ma a sua volta il governo ha puntato tutto sul prestigio personale, più che sulle competenze specifiche. E' un inizio? No, non lo è. La stagione del governo tecnico volgerà al termine, fra qualche mese, e noi ci ritroveremo di nuovo alla mercè dei partiti. Questi faranno le nomine come le sanno fare. Il rischio di ritrovarci con persone incompetenti, ma leali a tizio e a Caio, in posti di grande responsabilità è grosso come sempre. L'unica soluzione è fare in modo che quei posti pesino di meno.
Per le autorità di regolazione, questo significa non sovraccaricarle di poteri che consentano loro di riscrivere l'esito del gioco concorrenziale, facendone così un'arma che gli intessi organizzati smaniano per controllare. Per la Rai, vuol dire privatizzarla, perché la reputazione, anche la più impeccabile, del guardiano del bordello, non ne ha mai fatto un convento.
Alberto Mingardi
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