Il problema principale, pertanto, è quello di consentire ai giovani di programmare l'insegnamento con la garanzia che questa scelta conferirà sicurezza e prestigio. Siamo onesti: in questo paese, la cultura non ha mai pagato. Studiare per anni per poi sentirsi beffati dal reddito di un elettricista o di un idraulico, induce sovente al rimorso.
Può apparire retorico ma si dimentica che dalla qualità di un sistema scolastico dipende il progresso di un paese. Da anni si dice che stiamo arretrando sul terreno della ricerca e dell'innovazione ma, come succede in altri campi, la scuola italiana va avanti da sola, per inerzia. Nessun governo è mai riuscito a scalfire l'inefficienza cronica del "sistema" che seguita a sopravvivere grazie al volontariato e alle prodezze dei singoli: bisogna sperare di imbattersi nel docente preparato, o nel medico competente o nel magistrato attento.
Tocca sempre alla virtù del singolo supplire al deserto delle istituzioni: come diceva Brecht, "sventurata è la terra che ha bisogno di eroi". Questo è il vero dramma della società italiana. Quando gli americani hanno scoperto che, in matematica, i propri studenti perdevano il confronto con i cinesi, hanno avuto l'umiltà di studiare la didattica cinese. Ed hanno investito nella scuola.
Ci sarà un motivo se, per i tedeschi, Fiat è sempre stato l'acronimo di "Fehler In Aller Teilen" (cioè, difetto in ogni pezzo) e se, per gli inglesi, Alitalia è l'acronimo di "Always late in take-off, always late in arrival" (cioè, sempre in ritardo al decollo, sempre in ritardo all'arrivo). La politica italiana deve partire da questo per capire che rilanciare il sistema scolastico è vitale per il nostro paese.
In caso contrario, saremo ricacciati sempre più alla periferia di un mondo che ci farà sempre più paura solo perchè non siamo sufficientemente attrezzati per potergli stare dietro.
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