Dal vecchio (Sant’Anna) al nuovo (Sant’Anna). E ritorno. Como non ce la fa a staccarsi dal suo vecchio ospedale. Lo sanno bene gli utenti, per i quali la sede sulla Napoleona ha sempre rappresentato un servizio comodo e ora della stessa idea pare l’Azienda sanitaria che, fra qualche anno, dovrebbe portare la sua cittadella dei servizi proprio nell’area dell’ex nosocomio.
Nell’attesa, la stessa Asl avrà da Roma oltre tre milioni per istituire al vecchio Sant’Anna, nientemeno, che un pronto soccorso. Con medico, infermieri, apparecchiature diagnostiche e apertura garantita 24 ore su 24.
È doveroso chiarire che l’intento e il progetto sono lodevoli e interessanti. Innanzitutto perché non è un doppione del pronto soccorso del nuovo Sant’Anna: quello futuro, anzi, dovrebbe decongestionare proprio il principale perché si occuperà dei codici bianchi e delle patologie croniche che altrimenti non possono essere seguite. I codici rossi, le urgenze, invece, saranno ovviamente seguite al nuovo Sant’Anna.
Ma i problemi cominciano qui: chi potrà giudicare l’urgenza, il paziente stesso alle prese comunque con un problema che per ciascuno ha un peso diverso da quello riscontrato dal medico? Cosa accadrà? La persona in codice bianco o giallo, approdata in via Ravona, sarà rispedita in via Napoleona, in un via e vai che può risultare drammatico?
I medici già sollevano dubbi e si pongono il problema dei cittadini disorientati su quale pronto soccorso far capo. D’accordo un migliore servizio, un voler riportare in città e tenere nell’ambito della sanità pubblica una parte delle patologie, ma non può sfuggire che neppure a due anni dal trasloco a Montano-San Fermo il quadro dell’organizzazione sanitaria è lontano da un suo assetto definitivo e soprattutto razionale.
Pur nella consapevolezza che la concezione di cura fra ospedale e territorio è cambiata e sta cambiando in modo profondo, non sfugge che da quando esiste il nuovo Sant’Anna, la vecchia struttura sta vivendo una stagione di rilancio. I prelievi non se ne sono mai andati - anche qui per favorire il cittadino e non consegnare il servizio ai privati -, alcune specialità legate agli ambulatori sono rimaste, altri servizi sono dislocati in via Napoleona così come gli spazi per i medici, il pre-operatorio è nel monoblocco e adesso, per mano dell’Asl, "torna" il pronto soccorso, seppure in appoggio a quello della struttura maggiore.
Però, fatta la tara sul servizio territoriale offerto lasciando urgenze ed eccellenze alla nuova struttura, viene da chiedersi se oggi sia razionale e soprattutto economico aver costruito un ospedale per non riuscire a dismettere il precedente, anche solo consegnandolo interamente all’Asl? Mentre in via Ravona mancano ancora la palazzina dei servizi, la piattaforma dell’elisoccorso, il parcheggio è arrivato in extremis con un pedaggio per gli utenti che poteva essere evitato con un’economica area "a raso", dall’altro si ristruttura e si deve assicurare il funzionamento del vecchio nosocomio.
In tempi di risparmi nella spesa pubblica e lotta agli sprechi, mantenere in efficienza due ospedali non è cosa da poco e pone problemi di funzionalità e uso delle risorse, in primo luogo quelle umane. Se poi i benefici per gli ammalati rischiano di essere annullati dai problemi logistici e dai fraintendimenti, è opportuno ridisegnare una mappa sanitaria del territorio veramente a misura di cittadino. E dei bilanci pubblici.
Umberto Montin