Può uno scienziato raccontarci l’uomo che verrà? E’ una domanda che sottintende una questione fondamentale: può la scienza determinare il destino dell’uomo? Umberto Veronesi ne è convinto, immaginando che dagli studi sul Dna possa derivare una vera rivoluzione sentimentale e politica. «Le religioni resisteranno - scrive Veronesi - ma è la scienza che traccia la via del domani e ne detta l’agenda: le evoluzioni sociali che vivremo, avranno origine da un progresso scientifico». L’ipotesi è affascinante ma anche inquietante.
Che la scienza si ponga come obiettivo il miglioramento della vita dell’uomo è senza dubbio legittimo ed importante per tutti. E’ indubbio che nel corso della storia siano state talune scoperte scientifiche, soprattutto nel campo della medicina, a rendere migliore la vita dell’uomo. Ora l’orizzonte più vicino, spiega Veronesi, è segnato dalla nanoscienza che ci permette di ricostruire il nostro mondo nella dimensione del nanometro, un milionesimo di millimetro, la dimensione della natura. Questo nuovo orizzonte potrebbe aiutare nella scoperta di una cura per il cancro o l’Aids, potrebbe anche regalarci nuove forme di cattura dell’energia solare od altro. Aggiunge Veronesi, «l’impatto sociale della nanoscienza sarà enorme: intellettuale, educativo, artistico, sentimentale, passionale, politico».
E’ a questo punto che la questione diventa inquietante. All’esperienza così com’è, come nasce dal ventre della natura, la scienza vuole sostituire l’esperienza come non è, l’esperienza come dovrebbe essere. «Come se il misurabile e il calcolabile - scrive il grande pensatore francese Alain Finkielkraut- coincidessero con la realtà. Come se la verità della scienza fosse la sola verità del reale, come se il mondo non fosse più questa creazione di inquietudine e d’inconoscibile».
Come l’umanità saprà utilizzare questo straordinario progresso?, si chiede Veronesi. E’ una domanda drammatica, nel momento in cui la risposta sta nella pretesa della scienza di piegare la realtà, alla propria idea di realtà, il destino ai propri desideri. Voler sconfiggere una malattia, non equivale al voler determinare se un uomo debba essere felice o meno. Se debba essere più buono o più bello. Nessuno scienziato potrà mai raccontarci, o peggio predeterminare il destino dell’umanità e dell’uomo. Questo spetta a Dio.
Ciò che per l’uomo rappresenta una sconfitta, per un cristiano rappresenta una circostanza da vivere e da attraversare per intero. La morte non è l’ultima parola sulla vita, perché il destino dell’uomo si compie ben oltre la morte. La realtà non è manipolabile, non si può piegare al proprio desiderio. La realtà buona o cattiva che sia, la si può solo vivere. Si può desiderare di migliorarla, questo sì, ma ponendosi un limite oltre il quale non è giusto andare. «La società nanoscientifica sarà una società migliore», chiosa Veronesi. Noi non ne siamo sicuri.
Massimo Romanò