Il richiamo, si spera, è di quelli destinati a non cadere nel vuoto. Il vescovo Diego Coletti invita le banche a non ignorare le richieste di aiuto che arrivano da famiglie e imprese.
L'eccezionalità dell'intervento del presule arriva dopo l'incontro avuto nei giorni scorsi con i sindacati che gli hanno illustrato la delicata situazione dell'economia comasca e i rischi occupazionali e sociali che stanno venendo avanti.
La richiesta di sostegno morale e materiale da parte di rappresentanti dei lavoratori che meglio di altri hanno il polso della situazione, non è rimasta inascoltata.
Anzi. Il vescovo non solo l'ha fatta propria ma l'ha rilanciata chiamando a responsabilità tutti: la Chiesa attraverso l'azione della parrocchie affinché sappiano cogliere ogni segno di difficoltà dando risposte, ma anche il mondo delle banche e della finanza.
Pur con la volontà di non cadere nei facili allarmismi che rischiano in questo momento di gettare nel panico chi è già in difficoltà, impossibile negare che negli ultimi tempi sono moltiplicati i segnali di allarme rosso.
Agli indicatori economici più classici (l'aumento, in aprile, dei lavoratori in mobilità e delle ore di cassa integrazione) se ne sono aggiunti altri meno istituzionali ma altrettanto chiari.
Ha fatto giustamente notizia la raccolta straordinaria di viveri organizzata sabato scorso dal Banco Alimentare. Iniziativa senza precedenti, dettata dalla necessità di rimpinguare i magazzini svuotati dall'aumento imprevisto di richieste di aiuto passate in pochi mesi da 150 a 280. Richieste che, dicono i responsabili, oggi arrivano in maggioranza da famiglie comasche alle prese con la difficoltà di mettere insieme il pranzo con la cena come si diceva una volta, perché senza un reddito fisso su cui contare o con entrate insufficienti per vivere, per pagare la retta della mensa o il pulmino per andare a scuola ai figli.
Se oggi non siamo all'emergenza sociale vera e propria è perché questa crisi infinita e senza rotta, sta facendo emergere nei comaschi uno spirito solidaristico non da poco. E non solo tra i soggetti (parrocchie e mondo del non profit) che la solidarietà l'hanno iscritta nel Dna, ma pure sui posti di lavoro dove non mancano esempi di collette per aiutare chi rimane senza lavoro in attesa dell'assegno della cassa integrazione. Anche molti imprenditori stanno facendo silenziosamente la loro parte tenendosi stretti i dipendenti in attesa di tempi migliori anche se i freddi numeri dei bilanci imporrebbero scelte diverse.
In questo quadro delicato, dove rimbalzano facendo male le decisioni prese dagli speculatori internazionali, dai vertici della Bce o da frau Merkel, s'inserisce volente o nolente il ruolo delle banche sulle vite di tutti. Ruolo tutt'altro che marginale, come ha colto perfettamente il vescovo Coletti.
Oggi passa dalle banche il destino di tutte le imprese e quindi di migliaia di lavoratori comaschi. Concedere o meno un finanziamento, rinnovare un fido per far fronte al pagamento degli stipendi perché in cassa i soldi sono pochi visto che i clienti saldano i conti con mesi di ritardo, significa di conseguenza garantire un reddito certo alle famiglie dei dipendenti. E se la gente ha soldi in tasca in modo o in un altro li spende nell'acquisto di cibo, vestiti, servizi che qualcuno a sua volta produce.
Questo significa far girare l'economia. Se uno solo di questi passaggi viene a mancare l'intero sistema si inceppa con conseguenze drammatiche per tutti. La beneficenza va bene, ma non può andare avanti all'infinito. Per una questione di dignità delle persone (il lavoro nobilita l'uomo non è solo uno slogan), ma soprattutto perché non serve e non basta a far girare in modo virtuoso il sistema.
Elvira Conca
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