L'espressione si deve al senatore americano William L. Marcy che, nel 1832, affermò: «To the victors belong the spoils» (tradotto: «Ai vincitori appartiene il bottino»). Nelle democrazie occidentali, specie in quelle anglosassoni, è prassi consolidata, che non desta scandalo né polemiche. Quando cambia un governo l'avvicendamento nelle cariche pubbliche e negli incarichi direttivi è considerata naturale conseguenza dell'esito elettorale. Nel Belpaese, come spesso succede con i termini importati dall'estero, lo spoil system è circondato invece dal sospetto.
Eppure la mossa di Lucini è tutto meno che sorprendente: già nel programma elettorale, infatti, aveva denunciato «la prassi adottata dal Comune negli ultimi anni» di scegliere i nomi per le società partecipate «in base a logiche di spartizione politica, con scarso riguardo alla competenza delle persone».
Quel che sorprende, semmai, è la velocità con cui è passato dalle parole ai fatti. Pronti, via, e la giunta ha approvato la delibera che prevede l'azzeramento di tutte le nomine. E, guarda caso, sarà proprio questo il primo documento in discussione nell'aula di Palazzo Cernezzi, già lunedì. Di più. Il sindaco sarà chiamato a decidere, entro quattro mesi, eventuali riconferme e sostituzioni.
Ieri il sindaco si è affrettato a spiegare che «l'intenzione è quella di rivalutare e riprendere in considerazione tutto, per poi decidere se confermare o meno i rappresentanti». Ma il significato del documento è perentorio e non equivoco, tanto più che Lucini è arrivato ad auspicare le dimissioni dei nominati («sarebbe un segnale di correttezza»), e in particolare di «chi è stato nominato pochi giorni prima delle elezioni» come il vicepresidente di Acsm Agam, Umberto D'Alessandro. La delibera introduce anche - in modo più dettagliato rispetto a oggi - i requisiti e le incompatibilità, escludendo parlamentari, consiglieri e assessori, chi ricopre incarichi di responsabilità nei partiti, chi ha rapporti di dipendenza o consulenza con il Comune o con l'ente dove dovrebbe essere nominato. E, dulcis in fundo, non ammette conferme oltre il secondo mandato. Questo è sicuramente un passo in avanti, come lo è la denuncia delle pratiche spartitorie del passato.
Lucini si è ritrovato con persone nominate all'ultimo dal predecessore e rivendica, con qualche ragione, il diritto di avere le mani libere nella scelta. E adesso? Non ci vuole il mago Otelma per tracciare gli scenari futuri. Prevedibilmente la delibera passerà, posto che può contare su una maggioranza larga. E altrettanto prevedibilmente scatenerà un vespaio di polemiche (e magari pure qualche ricorso). Ma Lucini tirerà dritto, come già ha fatto nella scelta della squadra di giunta.
L'importante è che la filosofia sottesa al documento venga rispettata e che non si traduca in un escamotage per passare da una lottizzazione all'altra. Sarebbe inaccettabile, infatti, se il nuovo sindaco cadesse nei soliti errori della spartizione partitocratica, piazzando sulle poltrone le terze file dei trombati da accontentare a tutti i costi. L'appello, per il bene di Como, è doveroso: nella scelta dei nuovi Lucini guardi solo alle competenze. Non solo. Tra conferme e revoche valuti gli uomini sulla base dell'effettiva qualità del lavoro. E non delle casacche.
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