Di solito le maggiori tasse provocano un aumento iniziale del gettito, ma a danno d'incassi futuri; questa volta non sembra sussistere nemmeno quel rialzo temporaneo. Ciò che però più spaventa è il Pil. Nelle condizioni strutturalmente modificate in cui si trova l'Italia la produttività rischia di calare per anni. Il soffocamentorepentino dell'economia era lo scotto da pagare per stare in Europa? In realtà, questo è il prezzo che hanno imposto i tedeschi, pretendendo troppo da chi non è virtuoso come loro. Così, prima di accettare l'austera ricetta teutonica e mettere in atto provvedimenti contabili a testa bassa, qualcuno, guardando dalla finestra invece che sulle carte, avrebbe potuto avvertire la Germania: signori, con questa furia e questi modi non ce la faremo, il sistema non metabolizzerà il colpo.
Poco tempo in più sarebbe bastato per operare alcuni tagli agli elefantiaci sprechi amministrativi, vendere alcune ricchezze dello Stato e lanciare investimenti pubblici. I tecnici pensavano forse a una strategia del tipo "stringiamo subito, allentiamo dopo".
Ma il "dopo" non arriva mai; mesi preziosi, trascorsi per lo più a discutere di articolo 18, sono già volati. Il Governo parla finalmente di crescita, ma tardi e senza fatti.
Guardiamo oltre confine. In Europa le magagne delle nazioni deboli stanno condizionando l'evoluzione economica. La Germania inizia a temere per la sua economia, mentre il consenso popolare tedesco all'euro cala. Come se non bastasse, salta fuori il buco enorme delle banche iberiche (infatti gli aiuti vanno a loro e non allo Stato che non per questo evita una pessima figura). Cresce intanto la preoccupazione per la recessione italiana e l'eventuale contraccolpo greco del 17 giugno.
La Bce o il fondo di stabilità non sono pozzi di San Patrizio. Il solo prestito al 3% alla Spagna sarà un colpo duro per le economie deboli che hanno bilanci già squassati e tassi ben più elevati. Senza contare che l'Irlanda o la Grecia potrebbero anche dire: perché agli spagnoli aiuti e a noi austerità? Quel che è peggio è che la continua aggiunta di maglie alla catena crediti-debiti assomiglia in modo preoccupante allo schema Ponzi, quello messo in atto dal famigerato truffatore Madoff che trasferiva l'esposizione finanziaria di un cliente a un altro.
La Bce o l'Esm non truffano nessuno, ma l'allungamento della catena è in sé pericoloso: è un'autostrada per un eventuale effetto domino. Ricordiamo che gli oneri delle sovvenzioni ricadranno prima o poi sui cittadini, soprattutto sul ceto medio. Sarà pioggia o grandine?
Scrivere questo appare forse allarmistico, ma sostenere che si può correggere all'infinito è poco onesto. Va bene tranquillizzare gli animi per evitare bank run ingiustificati, ma qualunque osservatore appena un po' attento si accorge che i leader europei stanno navigando a vista. Che l'Europa fallisca è poco probabile, ma se continua così la pagherà dura.
Soluzioni? A meno di conigli tirati fuori dal cappello e al di là degli Eurobond, non è ormai da trascurare un'Europa a due velocità.
Verrebbe lasciata aperta la porta a chi riuscirà a correre, mentre chi già oggi lo fa non dovrebbe aspettare gli altri. La lunga catena verrebbe divisa in due. Certo, i due blocchi possono separarsi, ma forse è un rischio minore rispetto alla continua aggiunta di maglie in moneta unica.
© RIPRODUZIONE RISERVATA