Malgrado il prestigio personale del premier, la situazione economica del paese continua ad essere complicata. Il merito maggiore di Monti è di avere imposto al paese di prendere coscienza di una crisi che il governo precedente aveva improvvidamente sottovalutato. In meno di un anno, il clima sociale è profondamente mutato. E' cambiato l'universo simbolico, l'iconografia, l'immaginario collettivo del cittadino. La crisi economica ha tolto il proscenio a personaggi come Briatore, Corona e Lele Mora, assurti a paradigmi sociali con l'avallo di una borghesia storicamente riluttante a farsi interprete dell'interesse generale. Nel nostro paese continua, infatti, a mancare una borghesia in grado di farsi carico delle sorti collettive di una nazione che, sotto l'incalzare di una recessione senza fine, rischia di incattivirsi e dividersi sempre più. Il tessuto sociale è troppo fragile per poter reggere la pressione di una crisi che continua a gravare in prevalenza sulle classi sociali più deboli.
Dopo anni in cui la ricchezza si è distribuita in modo diseguale, era lecito attendersi una svolta di equità almeno nella ripartizione dei sacrifici. Su questo Monti e il suo governo hanno disatteso la fiducia inizialmente riposta dagli italiani molti dei quali, sentendosi già traditi dai partiti, hanno deciso di rifugiarsi nel grillismo o nell'astensione. Occorre, tuttavia, ammettere che la crisi economica non è l'unica causa di questa interminabile notte del popolo italiano.
C'è una causa di natura pre-politica ben più grave e profonda che ha toccato le viscere della società. Durante la sua esperienza di governo il premier Monti ha potuto toccare con mano quella sorta di vischiosità che rende pressocchè impossibile ogni intervento riformatore. Infatti, da più parti si invoca l'azzeramento di un ceto politico ormai privo di credibilità.
Malgrado ciò, la società non riesce ad esprimere una proposta in grado di abbattere le satrapie che si sono appropriate dei partiti, le stesse che hanno condotto il paese allo sfascio e che ancora oggi decidono impunemente candidature, incarichi e prebende. La colpa storica della borghesia italiana è soprattutto quella di restare sempre vicina al Palazzo per lucrarne i benefici.
La crisi economica non va sottovalutata perchè potrebbe fare esplodere in modo incontrollabile le contraddizioni di un paese che ha sempre fatto fatica a diventare nazione. Dalle crisi possono nascere Churchill e Roosevelt ma, non va dimenticato, anche Hitler e Mussolini. E' opportuno ricordare che, a causa della crisi del '29, in soli quattro anni (dal 1928 al 1932) il partito nazista balzò dal 2,8 % al 37,4%. Basterebbe questo dato per capire che bisogna stare attenti a non scherzare col fuoco.
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