C'è chi fa del lamento la ragione di vita, c'è chi invece preferisce non perdere tempo a pensare a quello che non funziona ma usare le poche forze che ha per cercare le opportunità nascoste che esistono in qualsiasi situazione. Anche la peggiore.
Marco Galimberti, il presidente di Confartigianato, l'associazione che riunisce buona parte delle piccole realtà imprenditoriali comasche, ieri nel suo discorso in occasione dell'assemblea annuale ha scelto di schierarsi e di schierare i suoi imprenditori dalla parte degli ottimisti. O perlomeno dalla parte di quelli che vogliono mettercela tutta per riportare dritta la barra del timone.
Al posto del solito libro dei lamenti (che pure c'è stato), Galimberti a nome dei suoi ha siglato un patto d'impegno pubblico d'ottimismo. Malgrado tutto. Lo ha fatto appellandosi ai valori che sono quelli di sempre: l'impresa come una famiglia, i dipendenti come la più importante risorsa disponibile, l'imprenditorialità come unica garanzia e le idee come differenziale per lo sviluppo.
Le imprese in questo momento stanno davvero facendo tutti gli sforzi per cercare quelle opportunità nascoste non solo per andare avanti ma per crescere. Il tessuto imprenditoriale di Como è fatto di piccole medie imprese dove il più delle volte non è la mera logica dei numeri a dettare le scelte. Lo dicono molti direttori di banca che, difronte a bilanci da profondo rosso, spesso consigliano di staccare la spina per salvare il salvabile scontrandosi con l'ostinata opposizione dell'imprenditore. Certo, quella degli artigiani è una categoria che si porta appresso l'accusa di un uso disinvolto, per così dire, delle scappatoie per evadere il fisco. Che annovera tra le sue fila moltissimi furbetti della ricevuta fiscale. Ma fare di tutta l'erba un fascio sarebbe sbagliato. Il successo o il fallimento della nostra economia dipende in buona parte da loro.
Galimberti ieri ha detto che vogliono essere messi in condizione di «tornare ad assumere, di creare posti di lavoro». Credere che non siano parole di circostanza è un dovere. Al successo di un'azienda, piccola o grande che sia, c'è il successo e il benessere personale dell'imprenditore, è legato a filo doppio quello dei suoi dipendenti
Per continuare ad essere ottimisti, certo, gli imprenditori chiedono aiuto per eliminare quei famosi lacci e laccioli che da sempre frenano al competitività delle aziende italiane.
Contro il peso del Fisco (il 53,9% a netto dell'economia sommersa le stime per il 2013) i primi a rendersi conto di avere le armi spuntate in questo momento sono loro. E allora la battaglia si sposta sul fronte della malaburocrazia che pura rappresenta un costo indiretto non da poco per le imprese. Sono 86 le giornate all'anno che un artigiano deve dedicare al disbrigo della pratiche burocratiche: giornate che vengono sottratte al lavoro o alla famiglia.
E su questo punto, a sorpresa hanno trovato un alleato inaspettato. Per la seconda volta in due settimane a pronunciare le parole più dure nei confronti di «una burocrazia spesso ottusa», autoreferenziale e non al servizio del cittadino è stato il prefetto Michele Tortora. Che a parlare così sia il massimo esponente dello Stato in terra lariana la dice lunga sul difficile lavoro che il governo Monti ha davanti per disincrostare un sistema pubblico che rappresenta la vera zavorra del Paese.
Sarebbe bello che Como, nel suo piccolo, riuscisse a dare qualche buon esempio. Tutto sommato la burocrazia non è un mostro astratto, ma è fatta di persone. A volte basterebbe solo buonsenso.
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