Piegati giunco che passa la piena, ovvero piegati quando qualcosa che è più potente arriva. Poi, una volta passata la piena, si torna alla posizione e alle abitudini precedenti. Come il giunco, appunto.
Mentre la riforma del lavoro si appresta a entrare nella dirittura finale, sulla spinta delle attese internazionali sottolineate da Monti, l'impressione è che questa nuova legge possa incarnare l'ondata che cerca di cambiare l'architettura che disciplina il mondo del lavoro almeno dalla fine degli anni Sessanta. E che il giunco sia una parte consistente della società che, in questa fase critica, non può e non resiste alla piena. Ma poi vuole tornare a risollevarsi.
A novembre Roma sembrava diventata improvvisamente un po' Berlino. Non per nulla Monti era indicato come il "tedesco". E con lui i suoi ministri, tutti tecnici inattaccabili. O quasi. Gente che, la vulgata popolare se ne era convinta, non avrebbe guardato in faccia a nessuno, avrebbe fatto le riforme decise e precise e così l'Italia si sarebbe salvata.
Poi è arrivata la riforma delle pensioni e, poco dopo, quella sul mercato del lavoro. E i vari decreti Salva-Italia, Sviluppo-Italia, Cresci-Italia e via dicendo.
Ora si arriva al punto di svolta: tra la legge sulle pensioni e quella sul lavoro, sono stati "dimenticati" per strada almeno 120 mila - secondo i nuovi dati forniti ieri dal ministro Fornero - lavoratori da salvaguardare, i cosiddetti esodati. Persone che, certe dell'impegno dello Stato, avevano sottoscritto accordi per andarsene con le rispettive aziende. E ora si ritrovano senza stipendio e senza pensione.
Cifre a parte, il pasticcio c'è e resta anche se il governo per salvare questi lavoratori deve aprire i cordini di una borsa vuota. La conseguenza è che adesso si deve rimettere mano alla questione.
Niente dogmi, si monitora e si interviene, sostiene il ministro del Welfare. Ma intanto si deve rimettere mano alle riforme-principe di questo esecutivo. Lo farà questo governo o, di certo, il prossimo: se sarà di destra andrà incontro più alle ragioni espresse da Confindustria, se di sinistra a quelle dei sindacati. In ogni caso a queste riforme verranno toccate. Come accadde alla riforma Dini, corretta dallo "scalone" di Maroni, poi diventato "scalino" con Prodi.
E via così con il giunco che torna sempre nella posizione iniziale, sperando che nulla muti. I cambiamenti radicali non sono cosa per l'Italia, anche se questo Paese forse non ha ancora capito che il mondo è cambiato. E che da tempo in Europa, in questa Europa, solo noi siamo capaci di rifare e disfare le riforme.
Umberto Montin
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