All'origine dell'eccitazione generale di queste ore c'è la sentenza del tribunale di Roma, che ha condannato la Fiat per discriminazione contro la Fiom a Pomigliano: in questo modo 145 lavoratori con la tessera del sindacato di Landini dovranno essere assunti nella fabbrica. Ovvio l'entusiasmo della Cgil, come pure l'annuncio di altri sindacati che ora busseranno al giudice chiedendo la loro parte: della serie, se discriminazione era stata (un mese fa su 2.093 assunti nessuno risultava iscritto alla Fiom), non è che occorra crearne una adesso. Inoltre, che fine faranno - è il quesito che affiora da più parti - i lavoratori senza tessera che erano stati assunti?
Le reazioni dei fronti sindacali e politici sono talmente prevedibili da indurre al sorriso, se la vicenda non fosse serissima. Torna la parità, tuona la Cgil e non solo. Si creano ulteriori distinzioni, è la replica.Si prende una pausa di riflessione solo il ministro Fornero alle prese forse con un sano imbarazzo, viste le decisioni roventi da prendere sul mercato del lavoro nei prossimi giorni. Già, come si può parlare di una maggiore flessibilità e di aziende in grado di decidere con più elasticità del proprio destino e anche di chi arruolare in fabbrica, sulla scia di simili sentenze?
Forse servirebbe a tutti un bagno di folla, di quelli compiuti in anonimato e con umiltà. Perché basta ascoltare i commenti per strada, piuttosto che navigare in rete, per capire cosa pensi sempre più spesso il protagonista di questo scontro: ovvero lo stesso suolo sconnesso di cui sopra, gli italiani immersi nell'anonima battaglia per tirare avanti.
Pochi brindano alla sentenza e non vanno bollati con facilità fans di Monti, perché sono reduci dalle code per il pagamento di una tassa dolorosa come l'Imu e sono incavolati neri. Sono lavoratori, o anche persone che il posto non ce l'hanno più. E se dite loro: prendete una tessera sindacale, che il giudice ve lo ridarà, lo farebbero anche di corsa. Ma in fondo no, si fermerebbero un attimo prima perché hanno perso parecchia fiducia ed è cresciuta in loro la sensazione di essere sempre dalla parte sbagliata.
Sì, ci sono molti lavoratori, attuali o tristemente ex, che scrollano la testa di fronte all'evoluzione di questa vicenda.
Eppure non si iscriverebbero al Marchionne fans club neanche se ottenessero la tessera gratis (a meno che li facesse entrare in fabbrica). Ma la persuasione spesso confessata è questa: andrà a finire che la Fiat lascerà l'Italia, e altri ancora, che qui non rimarrà più nulla.
Chi ha voglia di ascoltare questi lavoratori, può scoprire che non parlano in modo molto differente dagli imprenditori. Quelli piccoli e perbene, che prima di lasciare a casa qualcuno dissanguerebbero le finanze di casa propria, perché conoscono ogni loro dipendente e non intendono abbandonarlo. Ma vogliono sceglierlo e tenerlo perché è bravo e quando entra un cliente, potrebbe scambiarlo per il "padrone" (un vocabolo arcaico ogni tanto bisogna infilarlo), tanto lo vede attaccato all'azienda.
Il suolo sconnesso contempla questi due mondi al galoppo con preoccupazione. Non è l'unico. In Europa probabilmente non si capisce molto di questo scontro, simile anche a un tiro della fune: nemmeno se qualcuno finirà per terra.
Marilena Lualdi
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