La Storia, quella delle paratie antiesondazione (che poi di esondazioni, ormai non ce ne sono più da anni e quelle davvero serie si contano sulle dita di una mano) rischia davvero di restare una lunghissima scia di pagine di giornale, commenti, idee, progetti, polemiche. Una storia a puntate senza però la parola fine. E ai colpi di scena e agli intrighi i comaschi ormai non si divertono più. Perché la certezza è una soltanto e ha la forma di quella palizzata in legno che li priva, ogni singolo giorno da cinque anni, della vista del lago. Questa è la sola cosa che conta, se non fosse che per questo scempio, i comaschi hanno pure dovuto pagare. E a nessuno interessa che i soldi siano dello Stato, della Regione o del Comune. Sono i soldi delle tasse. Punto. Finora di euro ne sono stati spesi otto milioni (già nelle casse dell'azienda che ha vinto l'appalto, che naviga economicamente in pessime acque), ma il conto virtuale è di 23 milioni di euro. Senza contare che serviranno i soldi per la pavimentazione, per l'arredo urbano, per le piante. Insomma, per la sola vera cosa che tutti vogliono: poter passeggiare in riva al lago. Come succede a Lugano, ma anche come succede a Cernobbio o come succede nel gioiello di Gravedona.
Invece è tutto un enorme punto di domanda che rischia seriamente di restare senza una risposta per anni. Il sindaco vuole modificare il progetto evitando la parte idraulica. Proprio in base alla realizzazione delle opere idrauliche a Como erano arrivati i fondi della legge Valtellina. Ed ecco che un radicale cambio di rotta apre una nuova voragine fatta di pareri legali, accertamenti tecnici, occhi puntati della Corte dei Conti (che già ha acceso il faro sul disastro del lungolago). Tutte questioni per addetti ai lavori, ma che non restituiranno certamente alla città il suo lago in tempi brevi.
La verità, forse, era quella che più di qualcuno, qualche anno fa, aveva espresso. E si basava su un assunto mai passato di moda: l'andamento del livello del nostro lago non è in totale balia degli eventi naturali, non ha un naturale afflusso e deflusso delle acque. A monte l'afflusso è regolato dagli invasi costruiti in Valtellina mentre a valle il deflusso è regolato dalle chiuse di Olginate, gestite dal Consorzio dell'Adda. Il problema cruciale sta negli interessi economici in gioco che fanno accumulare milioni di metri cubi d'acqua anche quando sarebbe meglio lasciarli defluire naturalmente a valle.
Il risultato? La grande opera delle paratie venduta come «riqualificazione del lungolago». Persino lo scandalo del muro è un ricordo lontano e, dall'abbattimento con i big della politica in primo piano a vantarsi del risultato, di passi in avanti non ne sono stati fatti. I comaschi intanto continuano a pagare le tasse per ritrovarsi con il lago oscurato, il Consorzio dell'Adda ad accumulare acqua, le multinazionali dell'energia ad arricchirsi. E nei tribunali continuano le inchieste e le indagini, in Regione e in Comune l'analisi di perizie, controperizie e modifiche. Forse però i primi e i soli ad aver diritto a un risarcimento sono proprio i comaschi. Con meno soldi, più disagi e senza lago.
Gisella Roncoroni
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