Se l'intenzione era quella di pubblicizzare un accordo di massima delle maggiori economie dell'eurozona in un pre-vertice, forse sarebbe stato meglio scegliere un'altra sede. È prevalsa infatti la "politica dell'annuncio", esattamente quella rimproverata per tanti mesi al predecessore di Monti, Silvio Berlusconi. Non a caso il Cavaliere, che sa come far parlare di sè, ha dichiarato che a questo punto i Paesi dell'eurozona dovrebbero chiedere alla Germania di lasciare lei la moneta unica. E - è il sottinteso - il suo ricco mercato interno che le ha consentito, come ricorda Romano Prodi, di accumulare in questi anni l'impressionante surplus di 1.300 miliardi di euro. Un "tesoretto", ragiona il Professore, al quale i tedeschi non vorrebbero rinunciare.
Una provocazione, quella di Berlusconi, si capisce. Ma che implicitamente indica a Monti quale sarebbe stata secondo il Pdl la strada da seguire in Europa: una partita di poker al rialzo per capire fin dove è disposta a giungere Frau Merkel che anche a Roma ha tenuto ben saldi i confini del rigore finanziario. La cosa non deve essere piaciuta nemmeno al premier che della quadrilaterale avrebbe voluto fare il suo trampolino di lancio per Bruxelles. Così Monti ha denunciato per la prima volta con nettezza che questo rigore non è sostenibile se l'Europa non è in grado di rilanciare lo sviluppo e l'occupazione; e ha sottolineato che ci sono voluti dieci anni per ricostruire la credibilità dell'euro dopo le deroghe concesse nel 2003 a Germania e Francia. Sottinteso: ci si attende che adesso i due Paesi restituiscano il favore.
Ma in quale modo? Hollande ha spiegato che la Francia è pronta a limitate cessioni di sovranità solo se ci saranno da parte della Germania concrete dimostrazioni di solidarietà, cioè impegni finanziari comuni. Il fatto che l'unione bancaria sia finita tra le note a margine fa capire che il cammino è in salita. La controprova è nella decisione della Bce di fornire credito più facile alle banche: decisione criticata dalla Bundesbank che si è pubblicamente dissociata.
Ma soprattutto Monti non sembra essere riuscito ad imporre la sua funzione di "pontiere" tra Parigi e Berlino. Ciò aumenta il nervosismo nella «strana maggioranza». Angelino Alfano avverte che il Pdl si adeguerà per l'ultima volta ai piani del premier sulla riforma del lavoro. Ma anche Pierluigi Bersani appare sempre meno entusiasta dell'appoggio a un governo tecnico che non porta risultati tecnici.
Pierfrancesco Frerè
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