Eppure, sia per necessità o sia per virtù, o ancora sia che la prima può essere levatrice della seconda, gli imprenditori comaschi vogliono provarci. Naturalmente chiedono di non essere lasciati soli nella lunga traversata a piedi scalzi dentro il tunnel. Pretendono che lo stato almeno fornisca loro un paio di scarpe, se non altro per andare più veloci. Anzi, per usare le parole del presidente di Confindustria Como, Francesco Verga, di non dover correre con il piombo nelle scarpe. O, almeno, in ultima analisi, che non getti altri ostacoli lungo il cammino, piuttosto si premuri di rimuovere quelli esistenti.
La relazione di Verga all'assemblea degli imprenditori, di fronte a una platea oltremodo allarmata dai rumors di ieri dei mercati in vista dell'eurovertice decisivo di giovedì, non è stato il tradizionale cahiers de doleances della categoria nei confronti dello Stato.
Certo, anche da Como si è alzata forte la protesta contro una pressione fiscale sulle imprese (e sui cittadini) che ha pochi uguali nel mondo. Lo ha testimoniato lo stesso Squinzi, uno che se ne intende, visto che, per le attività del suo gruppo, versa imposte in 40 paesi.
Verga, poi, sulla scia del leader nazionale, ha invocato la madre di tutte le riforme - la più difficile in Italia - quella per la sburocratizzazione che potrebbe tamponare l'emorragia di imprese verso l'estero.
Non poteva mancare, davanti a Passera che ha diplomaticamente sorvolato sull'argomento, un accenno alla riforma del lavoro bollata fantozzianamente da Squinzi che dopo gli iniziali barlumi di thatcherismo sta scolorando in un provvedimento degno un governo Rumor.
Pagato il doveroso tributo (un altro?!) alle mancanze pubbliche, Verga ha però portato le imprese lariana sulla frontiera kennedyana del celebre motto «non pensare a ciò che il tuo paese può fare per te, ma a quello che tu puoi fare per il tuo paese». (E per la tua impresa).
Coerente con l'introduzione video sulle note di «all'alba vincerò», per una nuova alba comasca sul fronte economico e non solo (il sindaco Lucini, in prima fila, ha incassato un'apertura di credito non incondizionata), Verga ha suonato la carica. Innovazione e giovani sono le carte da giocare sul tavolo della crisi, unite a un'esigenza quasi inedita nell'orizzonte imprenditoriale comasco di fare squadra per marciare uniti alla conquista di quei mercati esteri ancora ricettivi ma difficili da esplorare in solitudine.
Se imprenditore rispecchia il significato letterale del termine, ha detto in sostanza il presidente di Confindustria, Como, è il momento di metterlo in pratica. Di saper cioè intraprendere. «Anticipare il futuro», è questa la parola d'ordine per una sfida che le imprese comasche hanno lanciato alla crisi. Una sfida difficile, un'Armageddon, un duello all'ultimo sangue da affrontare con le armi dell'innovazione non solo nelle tecnologie, ma anche nelle idee. Da qui la richiesta alle imprese del capitalismo famigliare di inserire i figli lasciando loro il timone anche e soprattutto per cambiare la rotta e la proposta, suggestiva e innovativa di un patto generazionale, che consenta di mantenere part time in azienda coloro che avrebbero raggiunto l'età pensionabile ante riforma da affiancare a giovani leve.
La partita è durissima, ma le imprese devono almeno provare a giocarla. La nuova alba svelerà i vincitori.
Francesco Angelini
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