Eppure stavolta Angela Merkel rischia e molto. Ne è consapevole, stante anche lo studio del ministero dell'economia tedesco il quale prefigura una caduta del Pil tedesco anche del 10% e cinque milioni di disoccupati nel caso di tracollo dell'euro.
Ma la Cancelliera forse non calcola che per difendere la linea della paura storica della Germania potrebbe sacrificare uno dei suoi più convinti sostenitori, quel Mario Monti che insieme al presidente della Bce Mario Draghi, da anni si sente attribuire la qualifica di "tedesco", per le sue strategie di politica economica e controllo dei debito sovrani.
Infatti il presidente del Consiglio italiano è su un crinale al di là del quale, un passo appena, si apre il baratro delle sue dimissioni e della crisi - forse irreversibile - del nostro Paese. Dal novembre scorso, Monti non è mai stato così debole. Ieri alla Camera ha dovuto quasi supplicare un sostegno da parte delle forze che lo sostengono, senza peraltro ottenere quella mozione unitaria che lo avrebbe aiutato a Bruxelles.
La riprova della debolezza del premier oggi è il ritorno sul proscenio di Silvio Berlusconi il quale, dimentico di sè e delle sue azioni, passa dal suggerire un improbabile addio della Germania all'euro, alla possibilità di stampare da soli la moneta unica fino a lanciare di nuovo la sua candidatura al governo, non più alla guida ma come ministro dell'Economia.
Colpi di teatro, certo. Ma Berlusconi gioca una partita che parte da un assunto banale quanto efficace: subito dopo la sua uscita, anche un po' traumatica, il Cavaliere si è reso conto che se a Palazzo Chigi sedeva il professore bocconiano con tanti suoi simili, in Parlamento la maggioranza era ancora del centrodestra. E, passati i primi decreti d'emergenza e la riforma delle pensioni, il Cavaliere si è messo al lavoro cercando di far pesare questa sua maggioranza, dalle riforme, alla giustizia, alla Rai. Senza preoccuparsi troppo della contraddizione di cover sostenere Monti e, nel contempo, scavargli un tunnel sotto i piedi.
Oggi Monti sa che se tornasse dall'Europa a mani vuote, o piene solo dei «nein» della Merkel, si troverebbe veramente sull'orlo del baratro. Dietro, con lo spettro di una campagna elettorale inedita, vi sarebbe un'Italia preda degli spread scatenati, del debito inarrestabile con un'Europa terrorizzata perché sa che l'Italia è troppo grossa per fallire, ma anche per essere salvata. Monti è un tecnico, però se si trovasse in questa condizione, dovrebbe fare una sola cosa: il politico. Ovvero lo statista il quale, per salvare il suo Paese, presenta le dimissioni e le ritira solo se ha carta bianca da parte dei partiti che lo sostengono. Forse sarebbe la volta che l'Italia cambia sul serio.
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