Ora invece in epoca di spread, spending rewiew ed altri anglicismi, anche le migliaia di euro sprecate dai nostri amministratori suscitano, giustamente, scandalo. Contro Lucini e la nuova maggioranza, inoltre, giocano i precedenti.
Che sono l'esatto contrario di quelli dell'Italia nelle disfide con la Germania. La precedente amministrazione, infatti, anche in questo senso non si era fatta mancare nulla. Sedute su sedute buttate via a discutere senza concludere nulla. C'è una differenza però. Allora a determinare gli impasse seriale erano le divergenze politiche di una maggioranza sempre più balcanizzata, in cui l'opposizione entrava come il coltello nel burro.
Non è il caso della (per ora) paciosa pattuglia di centrosinistra, insediatasi al motto di "volemose bene e godiamoci la fortuna inattesa che ci ha capitata". C'è tempo, insomma, per guastare sangue e rapporti.
Il cammino tortuoso della delibera che dà la possibilità al primo cittadino di sostituire i rappresentanti del Comune nelle società partecipate da palazzo Cernezzi, è da attribuirsi ad alcuni pasticci in fase di stesura del provvedimento e a una gestione malaccorta del medesimo durante il suo cammino in aula. Si aggiunga che ancora non sono state istituite le commissioni consiliari, che servono proprio ad affinare le delibere prima dell'ultimo passaggio e il quadro è completo.
Peccato che per il cittadino elettore e soprattutto contribuente a cui questa nuova amministrazione ha dato il benvenuto aumentando le aliquote Irpef, quello che conta sia solo il risultato. Anche a costo di ottenerlo con i rigori, direbbe Cesare Prandelli. Soprattutto con il rigore, potrebbe sottolineare quel commissario tecnico che è in tutti gli italiani e quindi anche in ogni comasco. In questo caso il rigore è quello economico.
Perciò 12mila euro buttati per le tre sedute (va bene facciamo 8, dato che una comunque sarebbe stata necessaria per votare la delibera) sono comunque uno scivolone imperdonabile per un'amministrazione che ha marciato su palazzo Cernezzi al suono della promessa di cambiare passo.
Anche perché l'oggetto della delibera, le nomine nelle società partecipate, non è propria una di quelle cose di cui si parla tutti i giorni nelle famiglie di Como. Lucini ha il diritto di cambiare i cavalli scelti da Bruni, ma la faccenda riguarda per lo più lui, i beneficiati, i partiti che lo sostengono e i trombati.
Tra l'altro il vero cinghialone di questa partita di caccia (il vice presidente di Acsm-Agam, Umberto D'Alessandro) sfuggirà alla cattura, a meno che non decida di mettere lui la zampa nella tagliola.
A parte questo, meglio far lavorare il Consiglio su tematiche con un po' di più di appeal per i cittadini.
Su cui peraltro non è davvero il caso di perdere tempo, a prescindere dai costi economici. La democrazia non è un lusso. Ma di questi tempi non ci si può permettere di sprecarla.
Francesco Angelini
© RIPRODUZIONE RISERVATA