Le è successo quello che succede a quegli studenti che non studiano e gaglioffeggiano tutto l'anno e nell'ultimo mese cercano di recuperare il tempo perduto impegnandosi al massimo. Qualche volta ce la fanno, ma il più delle volte ci lasciano le penne. Nelle interrogazioni dell'ultima ora prendono la sufficienza e anche qualcosa di più, però nell'ultimo compito in classe, quello decisivo, si vedono rifilare il quattro che si sono meritati in un anno di scolastiche fannullaggini: un bel 4 a 0, che con entrambe le cifre dice bene quello che valgono. Poi, magari, a giochi fatti, davanti ai tabelloni con il risultato, sono capaci anche di piangere, come il calciatore dell'Italia pallonistica che domenica sera si struggeva in lacrime apparentemente inconsolabile. E di che? Di dispiacere, di vergogna, di rammarico, di rimorso, di rimpianto, di gioia che finalmente l'incubo fosse finito o per paura delle patrie galere?
Forse piangeva per la stanchezza, quella stanchezza in cui, secondo telecronisti tutt'altro che imparziali e non meno parziali opinionisti della domenica, sarebbe da ricercare una delle principali cause della sconfitta subita. Come se gli altri, i loro avversari, non avessero diritto di essere stanchi anche loro e come se il dover recuperare all'ultimo momento tutto il tempo perduto durante l'anno scolastico - scusate, durante il calcistico torneo - potesse prospettarsi come un agevole passeggiata. Qualche esponente della vecchia scuola, non saprei dire se invidioso, moralista o polemico, ha avanzato, riguardo alla causa di tanta stanchezza dei calcipidi, la licenza loro concessa di portarsi appresso mogli, compagne, amanti e figli, quando si sa bene che di notte i figli non lasciano dormire.
Insomma gli azzurri hanno perso, e hanno perso male, anche perché non si va a tavola solo con un cucchiaio e senza almeno una forchetta e un coltello per ciascuno. Solo papà Prandelli, come fanno taluni genitori che non hanno il coraggio di ammettere che bestie, scolasticamente parlando, sono i loro figli, poteva uscir fuori a dire che i suoi giocatori per le loro prestazioni meritavano senz'altro un voto "molto alto", un "8": in pratica il doppio di quello che hanno portato a casa.
E lui, Prandelli Cesare, che voto meritava? Non saprei. Ma, tanto per farsi un'idea, non è stato lui a invitare mogli e mariti accanto ai suoi giocatori? Ai tempi miei, quando giocavo nella squadretta dell'oratorio, don Paolino, allenatore e centrattacco, predicava, forse anche per ragioni inerenti alla sua professione principale, un'astinenza totale da qualsiasi vizio, di tutto i vizi, e dal giovedì sera ci teneva in ritiro in sacco a pelo nello stanzone dietro la sacrestia. Altri tempi.
E non è stato lui, papà Prandelli, a giocarsi tutte le sostituzioni a disposizione? Pure don Paolino, stratega e tattico impareggiabile, anche se non gli abbiamo mai fatto vincere una partita, sapeva che quando si giocava contro il San Bartolomeo era meglio tenersi in panchina qualche giocatore, perché in campo può succedere di tutto, persino che un giocatore si faccia male e debba uscire.
I commentatori della domenica e quelli del lunedì hanno detto che, "comunque", l'Italia "c'è" - loro l'hanno vista - che crescerà e che la prossima volta farà bene. Papà Prandelli si è detto d'accordo, e ha sciolto, pare, i suoi amletici dubbi affermando che rimarrà a dare il suo contributo non alla rinascita, parrebbe, ma alla "crescita" (parola oggi molto di moda) "di questa squadra che c'è". Evidentemente anche lui, nonostante fosse sempre lì a sbracciarsi, a gridare e a fare occhiacci, l'ha vista.
Che altro dire? Niente. Solo una risposta al lettore che mi ha chiesto perché Buffon Gigi quando canta l'inno tiene sempre gli occhi chiusi, che pare un morto che canta. Caro amico lettore, c'è chi dice che tenga gli occhi chiusi perché non è capace di cantare e guardare nello stesso tempo. Non è vero. E non è vero neanche che tiene gli occhi chiusi perché all'interno delle palpebre si è fatto scrivere le parole dell'inno, in modo da non dimenticarle e fare brutte figure. No, no. Buffon Gigi durante il canto dell'inno tiene gli occhi chiusi per non affaticarli e poterli tenere ben aperti durante la partita. Peccato che qualche volta si dimentichi di farlo.
L'Italia della pedata ha perso, e secondo me non meritava di vincere, non solo ieri sera: Però un po' mi spiace. Mi spiace per tutti i tifosi italiani che almeno a partire da un certo punto hanno creduto nell'impossibile e si sono anche dipinti la faccia di blu. Mi spiace per Silvano Pasquino, mio gentile vicino di panchina la domenica mattina ai giardinetti, che aveva stabilito uno stretto rapporto tra la vittoria dell'Italia delle pedate e il successo dell'Italia dei Bot e dei Bpt, con coppa per l'una e calo dello spread per l'altra. Mi spiace per Monti che ha dovuto stringersi tutte quelle mani e che oggi, grigio e allampanato com'è, è riguardato da tutti, teste Twitter, alla stregua di un menagramo. Speriamo almeno che la Timoshenko gliel'abbiano fatta vedere, altrimenti sarebbe proprio un volo sprecato. Mi spiace per Napolitano Giorgio, che si è pure preso la briga di scrivere una lettera ai pedivenvoli e al loro papà, cosa che poteva anche risparmiarsi di fare, se non altro per non turbare quei teneroni che quando gliel'hanno letta pare si siano commossi. Forse lui ci credeva; ma non è la prima volta, nel corso della sua lunga vita, che gli capita di vedere le cose in cui crede andare all'aria.
Federico Roncoroni
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