L'altra notte, in questa partita immaginaria, il premier e i suoi professori hanno calato un asso. O almeno hanno cercato di farlo.
Ventisei miliardi è il numero che Monti ha squadernato davanti agli italiani. Tanti sono, o dovrebbero, essere i risparmi in tre anni. Quest'anno 4,5 miliardi, 10,5 il prossimo e 11 nel 2014. In questo modo si evita il ritocco di due punti dell'Iva a ottobre e forse anche l'altro scatto previsto per la metà del prossimo anno. Che, tuttavia, resta lì, già fissato da Tremonti e sul quale dovrà decidere non Monti, bensì il prossimo governo.
Tutto bene, dunque? Abbastanza. Lodevole, anzi di più l'intento. Giusto l'ambito della spesa pubblica su cui intervenire. Ma resta qualche dubbio, anzi più di uno.
Il primo, che ha immediate ricadute sui cittadini: va bene ridurre i posti letto, 18 mila entro l'anno, negli ospedali, benissimo indicare i criteri di risparmio sulle spese nelle strutture sanitarie e ancora di più centralizzare gli acquisti. Tuttavia bisogna garantire il servizio, mantenere gli standard e le eccellenze che non privilegiano solo i più abbienti. E su questo, la scelta del governo non dà, per ora, garanzie assolute. E un discorso analogo di coniugare minori spese con l'esigenza di garantire, anzi rilanciare l'efficienza, vale anche per gli altri gangli dell'amministrazione statale toccati dalla spending review.
Il secondo dubbio, invece tocca nel vivo l'obiettivo perseguito dal governo: il risparmio. Monti ha parlato di 26 miliardi in tre anni. Ma più di un esperto storce il naso. Insomma dei 26 miliardi, quelli effettivi, comprovati nelle misure intraprese, sarebbero molti di meno. Forse una decina. Anche perché, pur nell'accelerazione imposta dal decreto stesso, diversi risparmi andranno a regime ben al di là del 2014.
Qualche esempio: la famosa riduzione degli statali, il 20% dei dirigenti e il 10% del personale. Il riferimento sono le piante organiche, che in molti casi sono inferiori. Non c'è un'indicazione del dimensionamento effettivo, come non si sa ad ora quanti saranno gli espulsi, anche se si parla, a spanne, di 200 mila persone. Una parte di questi andranno in pensione con le vecchie regole. E si è calcolato quanto questi nuovi esuberi faranno calare il gettito previsto dalla riforma Fornero? Idem, per esempio le Province: 5 miliardi il risparmio effettivo, a regime. Ma in quanto tempo e cosa significa che molti saranno posti in mobilità, ovvero licenziati? E quali e quanto daranno, di minore spesa il trasferimento di competenze?
Anche le rinegoziazioni degli affitti statali, lo scambio e uso gratuito con edifici ad esempio dei Comuni, le vendite degli alloggi delle Difesa quanto tempo richiederanno? E i risparmi saranno nell'ordine indicato?
Molte quindi le incertezze in un quadro di razionalizzazione attesa da decenni, forse da un secolo. Ma per vincere la scommessa con i cittadini Monti deve dare più dati certi, più interventi effettivi e in tempi brevi e, magari, l'indicazione che qualcuno di quei miliardi risparmiati andrà nel taglio delle tasse.
Umberto Montin
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