Dunque al di là delle critiche, di qualche modulo F24 bruciato con l'accendino, e del «poujadismo» di bandiera di qualche partito politico, è prevalso il senso di responsabilità civica. Non è una notizia da poco in un Paese che ha raggiunto una pressione fiscale media del 55% (forse la più alta al mondo, sicuramente in Europa). Una notizia che contiene anche un imperativo morale per il governo, quello di essere ancora più determinato nella lotta all'evasione fiscale, intollerabile di fronte a uno sforzo simile dei contribuenti onesti.
Forse ha ragione Massimo Franco quando scrive sul Corriere della Sera che nonostante le proteste per tagli e tassi, in Italia, dai ministeriali ai contribuenti, prevale la comprensione diffusa della posta in gioco, del «male necessario» per uscire dalle secche di una crisi mondiale che per il momento non ci dà tregua e rischia di farci vanificare tutti gli sforzi finora compiuti. «Milioni di contribuenti hanno fatto quel che dovevano fare -ha commentato anche il sottosegretario Vieri Ceriani (scuola Bankitalia)- , anche con la consapevolezza di doverlo fare, una circostanza che forse talvolta viene sottovalutata». Ancora una volta gli italiani hanno dato il meglio di sé nei momenti più difficili.Non siamo ancora il popolo di felici pagatori di tasse che è la Svezia o Danimarca (anche perché i servizi dati in cambio sono ben altri), ma sappiamo dare a Cesare quel che è di Cesare al momento opportuno. Ma non è tassando gli italiani fino allo spasimo che l'Italia uscirà dalla crisi. Gli indicatori macroeconomici dei consumi e della domanda aggregata sono tutti in picchiata. Risalgono a pochi giorni fa i dati sulla spesa in aumento per le famiglie diffusi dall'Istat e la conseguente gelata dei consumi. Così come sono in calo le entrate dell'Iva, nonostante l'aumento di un punto dell'aliquota.
Non è necessario conoscere la curva di Laffer o essere un economista della Supply Side Economy per capire che la cura da cavallo a basse di tasse, balzelli, tagli, sacrifici e tributi sta riducendo notevolmente i consumi delle famiglie (gli ultimi dati parlano chiaro) e di conseguenza continua a compromettere la produzione e l'occupazione. Sommando l'aumento dell'Iva, l'Imu sulla prima casa e le accise sulla benzina, si ottiene una pressione fiscale media pari a 1.157 euro che quest'anno ogni famiglia sarà costretta a sborsare.
Proprio per questo il previsto aumento dell'Iva fino al 23% e oltre deve essere assolutamente evitato, anche nella dimensione riduttiva di un solo punto prefigurata dal premier Mario Monti nel caso di successo della spending review. Sarebbe come tirare il colpo di grazia ai consumi degli italiani. Per favore presidente Monti, ce lo risparmi.
Francesco Anfossi
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