Opposto a lui, infatti, sarà quel Bersani, ottimo ministro, un po' meno leader di un partito peraltro allergico alle leadership.
Sabato, durante l'assemblea del Pd, a un certo punto sembrava che al segretario democratico fosse cresciuta la chioma sulla pelata e fossero spuntati i baffi. Pareva di rivedere l'Occhetto del 1994 che, visto il parterre, avrebbe pieno diritto di cittadinanza.
E anche il partito di Bersani, Enrico Letta (quello che, forse per ragioni familiari, preferisce Berlusconi a Grillo) ricordava un po' la «gioiosa macchina da guerra» del prode (quanta differenza tra un singolare e un plurale) Achille, certa della vittoria in saccoccia e perciò litigiosa, salvo poi andare a schiantarsi contro l'allora impresentabile oggi agghiacciante Cavaliere.
Perché è quantomeno singolare che un partito che ambisce a gestire un dopo Monti quasi più procelloso di oggi, non abbia altri pensieri che i matrimoni gay e le primarie, anch'esse ormai divenute stantie per l'abuso.
Se è questo il menù che sarà proposto agli italiani nella prossima primavera si capisce perché in Europa siano già in ambasce. A quegli psicodrammi che sono diventati i vertici sul destino economico del Vecchio Continente rischiano di veder ricomparire quello delle barzellette e delle corna nella foto oppure quell'altro che non è mica qui a smacchiare i leopardi ma che, appena apre bocca, trova qualcuno del suo partito pronto a dargli sulla voce.
Si annuncia una lunga vita per lo spread dato che il ceto politico italiano non è in grado di rinnovarsi. Perché anche le altre pietanze del menù elettorale non spiccano per la fragranza.
Lo stesso Grillo alla fine fa politica da trent'anni, dai tempi in cui fu cacciato dalla Rai per una battuta sui socialisti. Si è solo aggiornato, oggi al posto della tv utilizza il web. E Casini? Apparve sulla scena come reggicoda di Arnaldo Forlani. La stessa Lega 2.0 (qualche maligno sostiene che il riferimento sia alla percentuale di voti e potrebbe aver ragione se prenderà corpo il fantasma della scissione bossiana) ha al timone un signore, Roberto Maroni, che fu tra i fondatori di quello che il più antico movimento politico in circolazione.
Con questo menù, in cui l'opposizione speculativa di Di Pietro e Vendola è solo una spezia troppo piccante, si capisce perché, ci sia in giro poca voglia di cambiare ristorante. Anche se quello gestito da Monti e compagnia è costretto a tenere i prezzi alti.
Francesco Angelini
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