Questa distanza è la misura di quanto sia elevata la percezione del rischio che il nostro paese non sia più in grado di ripagare, in tutto o in parte, i suoi debiti. Agosto è un mese particolare: molti vanno in ferie, i volumi degli scambi diminuiscono, e chi resta si trova più facilmente nella condizione di muovere attacchi "speculativi". La "speculazione" non è un'azione malvagia: è la fisiologia dei mercati finanziari. Il lupo che si avventa sulla preda più malandata non è cattivo: fa ciò per cui la natura l'ha programmato. Se la preda vuole salvarsi, deve trovare il modo di tornare in buona salute. L'Italia e l'Europa, oggi, stanno male: non devono agitare i pugni al cielo, devono curarsi in modo efficace e non lamentarsi troppo se la pillola è amara o, peggio, rifiutarsi di prenderla.
L'incertezza deriva da una molteplicità di ragioni, non tutte interne alla Penisola. L'Unione europea appare debole e divisa, risultato della totale divergenza di interessi tra pochi paesi "virtuosi" (la Germania in primis) e molti "irresponsabili" (a partire dai "Piigs": Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna). Gli uni sono restii a garantire, direttamente o indirettamente, il debito degli altri, i quali a loro volta lamentano la pretesa dei primi a mettere il becco nella loro politica di bilancio.
L'indisponibilità dei "virtuosi" a tappare i buchi degli "irresponsabili", tuttavia, è la punta dell'iceberg. Molto di più dipende dalla condotta scriteriata dei paesi in difficoltà. In Italia, in un momento di tale difficoltà, la destra s'interroga sulle dimissioni di una bella signora eletta in Lombardia, la sinistra si lacera sulle nozze tra gli omosessuali.
L'Italia è debole perché il debito è troppo alto, le tasse sono troppo alte, e la spesa pubblica è troppo alta. Tutte queste variabili vanno ridimensionate e nessuna può essere abbassata se non si interviene contemporaneamente sulle altre. In particolare non si possono potare le tasse (che invece sono cresciute a dismisura) se non si taglia la spesa pubblica e non si abbatte il debito con una feroce politica di privatizzazioni. Il governo tecnico appare troppo timoroso su questo fronte, ma almeno in parte la sua inerzia deriva dalla inadeguatezza dell'attuale classe politica. Il semplice fatto che oggi (oggi!) si parli di elezioni anticipate è sia sintomo di incapacità a comprendere la gravità della situazione, sia chiamata alle armi per gli "speculatori". Servono provvedimenti incisivi e uomini credibili. Senza la promessa di un rinnovamento politico serio, il prossimo agosto sarà solo l'antipasto.
Carlo Stagnaro
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