Obiettivo più che mai pressante in questo momento che vede l'economia comasca in affanno nel tentativo di resistere ad una crisi che non perdona. Da inizio anno sono duemila i posti di lavoro persi nel manifatturiero, un tributo pesantissimo destinato, purtroppo ad aumentare. Lo dimostra il fatto che nel lungo elenco di vertenze in discussione in questi giorni (Artsana, Carnini, Pontelambro, Eleca, Mectex) solo per citare le più note, l'elemento comune è il taglio di posti di lavoro.
L'accordo Sisme è passato in sette mesi da esempio a fallimento. La storia del tentativo di salvataggio della più grande azienda metalmeccanica della provincia di Como, 516 lavoratori ancora in attività, attraverso la partecipazione economica diretta dei dipendenti per finanziare gli investimenti necessari per far partire una nuova linea, ci aveva illuso che un pezzo di Germania era possibile anche qui.
La storia della Sisme ci aveva lasciata intravedere la possibilità di sperimentare a Como quelle modalità di relazioni sindacali innovative che nelle fabbriche della più potente economia europea sono prassi consolidate. Aziende e sindacati tedeschi sono riusciti nell'impresa di individuare nell'aumento della produttività per dare forza allo sviluppo, l'obiettivo comune da perseguire.
Tanto emblematico era apparso il caso Sisme nel freddo inverno di questa crisi, da attirare l'attenzione dei media nazionali. Titoloni sui giornali, trasmissioni tv, passerelle dei sindacati e della proprietà nei talk show, fino alla premiazione dell'accordo Sisme alla fiera della contrattazione organizzato dalla Cisl Lombardia.
Tutto bene fino a ieri quando il giudice Tomasi con la sua sentenza ci dice che è stata tutta un'illusione. Che in realtà riflettori e lustrini non hanno fatto altro che mascherare tensioni e incapacità da parte di tutti di superare steccati oggi anacronistici, fermo restando la salvaguardia dei diritti. Torti e ragioni in questa vicenda possono infatti essere divisi in parti uguali tra sindacati e azienda, senza tema di essere smentiti.
Facile a chi questo accordo non ha mai realmente creduto (anche se lo ha firmato) dire «ve lo avevo detto».
Lo ha fatto con tempestività il segretario della Fiom Lombardia, Mirco Rota nel tentativo di chiamarsi fuori dalla mischia dei vinti.
Secondo il numero uno delle tute blu Cgil La sentenza dimostra che in Sisme non si è sperimentato nessun modello esemplare, come qualcuno ha detto nei mesi scorsi. Anzi, mentre si millantava il cosiddetto accordo modello, si stava già lavorando alla delocalizzare della produzione in Slovacchia e alla diminuzione dell'organico. Forse è vero, anche se la proprietà ha sempre negato. Ma forse è ancora più vero che vincitori e vinti in questa storia stanno tutti dalla stessa parte. Dalla parte degli sconfitti. Primi fra tutti i lavoratori che in questo accordo ci avevano creduto.
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