A quei quattro italiani su dieci che vanno quest’anno in vacanza può capitare di andare anche in Grecia. È bella e a buon mercato. Dice entusiasta l’albergatrice di Santorini: «Ma lo sa che quest’anno ci sono anche i portoghesi! Sono venuti perché noi del Mediterraneo dobbiamo stare uniti». Ecco, la crisi dell’euro si declina anche così: con slanci di cuore. Il fronte meridionale ha scoperto se stesso. La profezia della stampa britannica si avvera: i porcellini del fronte Sud, più i mai (dagli inglesi) amati irlandesi. Che cosa unisce questo variegato fronte? Il ritardo culturale nell’affrontare la globalizzazione e le sfide della competitività. Una certa leggerezza nel disporre della moneta facile che l’economia a debito creata dagli americani ha diffuso per il mondo. Ma la Spagna, che ha trascorso il dopoguerra in pieno franchismo è che entrata nell’Ue solo nel 1986, poteva avere l’esperienza storica per far fronte alla rivoluzione tecnologica scientifica degli ultimi decenni? Con tutta la buona volontà, no. Potevano i greci, sudditi ottomani per quattro secoli, abituati ai cavilli levantini, ritrovare in pochi anni una buona amministrazione pubblica? No, a questo nessuno li aveva preparati. Così, sentirsi dire dai tedeschi di essere fannulloni, incapaci imbroglioni o insinuare come, ha fatto il segretario della Csu – il partito cristiano sociale al governo in Baviera dal 1949 – che Draghi al vertice della Bce si muove secondo le esigenze dell’Italia, suscita ripulsa. Ed è questa la molla del risentimento.
Prescrivere cure da cavallo, commissariare Paesi esautorando i loro governi è possibile solo nel quadro di una cessione contemporanea della sovranità da parte di tutti i membri dell’Eurozona. Se invece l’euro diventa lo strumento per permettere ai più bravi di imporre il proprio dominio senza un’adeguata contropartita, allora la ribellione è garantita. Monti è stato chiaro: gli alti tassi che l’Italia deve attualmente pagare sovvenzionano quelli bassi della Germania. È chiaro il rimprovero di conflitto di interessi: più Berlino castiga, più guadagna. Del resto l’articolo 11 della Costituzione italiana prescrive che l’Italia può consentire limitazioni della propria sovranità nazionale, ma «in condizioni di parità con gli altri Stati». Un memorandum che accompagni unilateralmente la richiesta italiana di attingere al Fondo Salva Stati può risultare inaccettabile, se non si accompagna ad altrettanti impegni da parte degli altri Stati dell’Eurozona.
Ma in Germania non capiscono e se insistono nel non comprendere che occorre anche premiare e non solo punire, l’Eurozona è destinata a saltare. Il sentimento antitedesco che sta crescendo da noi è un sintomo. E le conseguenze le pagheremo tutti, perché non va dimenticato che l’euro per l’Italia è la grande assicurazione contro il suo male endemico: la corruzione. Centoventi miliardi in Europa di cui la metà, sessanta, in Italia. Un’affinità con gli amici greci della Fakelaki (bustarella) che toglie competitività al Paese.