Beh, tante grazie Schwazer: la medaglia di tutti noi, bambini spezzati, è tua. Oro alla perfidia, per averci fatto uscire dalla bolla incantata facendocela esplodere in faccia, per averci ricordato che anche i Giochi sono solo un gioco, a volte un giochetto, e quindi tanto vale barare, no?, per averci impolverato il poster di Campriani e Frangilli, soprattutto per averci rotto l'ultima illusione.
Cioè che bastasse la zona franca delle Olimpiadi, la tregua, per ricordarci che non di solo spread, borse in fin di vita, politici poliedrici e qualunquismi sistematici si possa vivere in Italia. Che ci possa essere qualcosa di nostro in una medaglia, che nella storia di Molmenti, Morandi e Jessica Rossi, non Bolt o Phelps, ci sia un pezzo delle nostre storie. Che solo alle Olimpiadi si possa volare un po', anche senza essere condor.
Poi sei arrivato tu, con quella faccia da ragazzo della baita accanto, e ci hai detto che non è vero. Hai preso le Olimpiadi e ne hai divorato il cuore come fosse uno strudel, hai tolto le palline dall'albero di Natale, ci hai regalato una merendina avariata e ci hai ricordato che siamo italiani, sempre e ovunque, da Lipari a Calice. Popolo di pochi santi, poeti rari, navigatori un tempo. Ora scommettitori, marciatori marci e smanettatori su Internet: perché è lì, prima ancora che in Turchia, che Alex ha trovato l'Epo. Roba da Google. Ha digitato le parole chiave “aiutino per vincere medaglia” e internet gli ha risposto: Epo, do you like, baby?
Ieri Schwazer ha parlato. A Bolzano, in conferenza stampa. Ha detto quando, quanto e con chi si è dopato? Certo che no. Ha ribadito che ha fatto tutto da solo in una notte malinconica e buia? Sì, ma inutile.
Qualunque cosa diica Schwazer, il senso di questa sua, nostra, sconfitta, è un altro. È l'incantesimo rotto, la disillusione, la poesia che s'arrende alla prosa. Siamo abituati a farci del male, siamo cugini di Tafazzi. Siamo quelli che vinciamo i Mondiali solo se prima ci sono stati arbitri chiusi negli spogliatoi, che andiamo agli Europei senza terzini perché prelevati dalla Digos, che passiamo l'estate a cercare di ricordare quando è iniziato il primo processo del calcioscommesse perché lo confondiamo con la prima guerra punica. Siamo quelli che dicevano: beh, è solo calcio, bellezza. E via, a elogiare gli sport "minori", perché quelli sì, hanno la verità della fatica. Poi arriva Schwazer e la tregua olimpica, la sospensione temporale dei Giochi, vanno a ramengo.
Ma siccome siamo bambini cocciuti, abbiamo riaperto i Giochi e sotto il marcio abbiamo trovato una mamma (quasi) cinquantenne con due figli e una canoa. Si chiama Josefa Idem, parla un po' come Schwazer ed è in finale alla sua ottava Olimpiade. Dovesse andare a medaglia - ci prova stamattina - ci riconsegnerebbe una favola. Dovesse mancarla ci riconsegnerebbe ai Giochi. Vorrebbe dire che a questo Gioco non ha voluto perdere, a costo di perdere. Non si vince anche così?
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