Dice il giornale che, quest'anno, la crisi costringerà una buona metà degli italiani - e, di conseguenza, una buona metà di comaschi - a rinunciare alle vacanze. Chi risulta far parte della metà in partenza comunque non dovrebbe farsi troppe illusioni: è molto probabile abbia in tasca un biglietto Windjet, il cui valore nominale, oggi, è pari alle azioni di quell'azienda che, negli anni Settanta, decise di puntare il tutto per tutto sull'immancabile successo delle cassette Stereo8.
In attesa di tempi migliori, i comaschi dovrebbero farsi forza con una certezza: restano a casa, questo è vero, ma la loro casa, intesa come città, è un posto nel quale val la pena restare. Vero è che, oggi, Como non gode del massimo stato di forma: un'orrenda palizzata sfigura la vista lago, la piazza Cavour subisce, a ogni acquazzone, l'affronto dei liquami più imbarazzanti e, a giudicare dall'ampiezza delle buche, si direbbe che, nottetempo, Godzilla ami uscire dalla sua tana per farci quattro passi.
Le pecche sono evidenti, insomma, ma riflettete su questo: sono temporanee, o almeno si spera. Molto più definitiva e resistente sia all'incuria sia alla cattiva amministrazione, è la bellezza complessiva della città. Bellezza che, se pure è assicurata dall'abbraccio del lago, viene alimentata di giorno in giorno da angoli segreti i quali, in quanto segreti, vengono troppo facilmente dimenticati.
E allora, azzoppati dalla crisi o traditi da Windjet, la ricetta giusta per il Ferragosto del comasco irriducibile potrebbe essere questa: riscoprire la città segreta.
Como è per esempio luogo di magnifici cortili. Basta percorrere le vie Volta, Diaz e Giovio con spirito curioso e intraprendenza da esploratore: senza paura che qualcuno vi scacci, spingetevi oltre qualche portone per ammirare gradini di ampiezza sorprendente e grazia inusitata. Scoprirete un trionfo intimo (se intimo può essere un trionfo) di penombre defilate e di fresco fogliame, risplendente di un verde vivace e drammatico insieme, nonché un artistico sommarsi di statue, pozzi, decorazioni aristocratiche.
Chi ha letto, nelle ultime settimane, dei fattacci accaduti ai giardini a lago, forse potrebbe far la pace con essi e con se stesso ammirando, dalla via Cavallotti, la felice infilata che, lungo viale Marconi, conduce lo sguardo fino al Tempio Voltiano o, avventurandosi nel profondo del parco, divertirsi a scoprire la sorprendente segretezza della sua fontana.
Se l'esploratore avesse poi l'ardire di abbandonare la città murata, potrebbe ritrovare la meraviglia, allegra e austera in uno, della basilica di San Carpoforo e in particolare della cripta, nella quale sei coraggiose colonne reggono una volta grave di pietre.
Sono questi solo alcuni suggerimenti, si capisce, perché ogni comasco ha in mente una sua personale mappa di nascosti gioielli cittadini e non ha bisogno di farsela dettare da nessuno. L'invito è quello di riscoprirla, questa mappa, in barba alla crisi e pensando ai tanti milanesi che, oggi, si metteranno in coda per venire a Como senza conoscere un centesimo di ciò che i comaschi conoscono della loro città. Verranno, i milanesi, e magari diranno che Como è diventata brutta, tenuta male e che, senza lago, non vale la pena restarci un minuto. Noi sapremo che non è vero: la città ha tanti problemi, soffre di incuria e di ignavia ma, quanto a restarci, beh, quella è un altra storia: conviene eccome.
Mario Schiani
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