I numeri, come sempre, sono materia per sociologi, a maggior ragione quando si tratti di cifre che riguardano la sicurezza, quella reale e quella come suole dirsi "percepita", che spesso non coincidono. Ma non c'è bisogno di una laurea a Trento per capire che, in qualche misura, la crisi economica deve avere pesato sia sull'incremento dei furti nelle abitazioni (+18% nel Comasco) sia su quello, lento e costante, delle truffe, tipiche del nostro territorio.
Il contesto non è di buon auspicio. In tempi di spending review selvaggia, che non risparmia questure e comandi dell'Arma, gli strumenti per difendersi si riducono. Ma la sensazione, specie rispetto ai furti in casa, è che la risposta di forze dell'ordine e procure non sia ancora del tutto "tarata", benché il fenomeno sia noto da anni, almeno una ventina.
Si indaga moltissimo sui raggiri, si indaga moltissimo - e giustamente - sui reati contro la persona (lesioni, aggressioni, per non dire di omicidi), ci si impegna allo spasimo per acchiappare chi non paga le tasse, ma per quanto riguarda la persecuzione di chi ruba a domicilio, spesso privandoti di beni il cui valore affettivo va oltre quello materiale, si fa ancora molto poco.
Le denunce si accumulano a centinaia, sotto faldoni impolverati di carte mai urgenti quanto dovrebbero. E chi ruba, nella stragrande maggioranza dei casi (le statistiche dicono che i ladri assicurati alla giustizia sono in media uno ogni cinquanta) riesce a farla franca.
Per esempio: c'è un tizio che negli ultimi tre giorni ha svaligiato due lavanderie a gettone, una a Como, una a Cantù. È stato in entrambi i casi ripreso dal sistema di videosorveglianza, che ne mostra perfettamente il volto, eppure non risulta che qualcuno, polizia o carabinieri, si sia presentato per verificare la presenza di qualche impronta digitale, che pure doveva esserci, visto che il nostro ha agito a mani nude.
Se fosse stato "schedato", come suole dirsi, una sola impronta sarebbe bastata ad assicurarlo alla giustizia, ma anche nel caso in cui non ci fosse stata traccia di lui ai terminali del ministero, quelle impronte avrebbero potuto essere utilizzate in un futuro a titolo di prova, semmai un giorno qualcuno fosse riuscito a riconoscerlo.
Niente di grave, si dirà, ma quello dei sopralluoghi nelle case e nei negozi svaligiati rimane un problema serissimo. A decine di comaschi è capitato di essersi trovato la camera da letto svuotata nel cuore della notte, di avere contattato le forze dell'ordine e di essersi sentito rispondere di presentarsi pure all'indomani per la denuncia.
È un tipo di approccio che tradisce la pessima tendenza, da parte di polizia e carabinieri, a catalogare questo tipo di reati come reati da poco, quando in realtà sono tutto meno che reati minori. E sarebbe il caso che qualcuno, prima o poi, se ne accorgesse.
Stefano Ferrari
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