Quando in Svizzera a far benzina eravamo così in tanti che la colonna in attesa di passare la fatidica dogana cominciava a Monte Olimpino, erano i tempi del quel boom economico di cui Chiasso era il vero paradiso. Quasi quasi la benzina diventava solo l'occasione buona per infiniti shopping lungo la sfilata di luccicanti negozi di corso San Gottardo, o nei mitici magazzini dell'Innovazione e della Coop. I ritorni erano gravati da borse con le sigarette, come era ovvio, ma anche di tavolette di cioccolato dei più svariati tipi e confezioni, di estratti di carne, pacchetti di zucchero, la saccarina, e tante altre belle cose nascosti sotto i sedili dell'auto. C'erano anche i premi. Se riuscivi a raccogliere un certo numero di bollini magari avevi in regalo un ciondolo con l'orologio: pezzo di pochi franchi comunque un mito.
Perché andare in Svizzera a far benzina in quegli anni era "andare all'estero". E, oltre al risparmio sul costo del carburante che era veramente remunerativo, lo spingersi oltre frontiera conquistava veramente il fascino dell'avventura.
Adesso sembra che con tutti questi sacrifici voluti da Monti, all'italico popolo sia tornato veramente redditizio passare la frontiera e andare a fare il pieno nei distributori ticinesi. Forse la città di Chiasso e gli altri centri lungo la linea di confine torneranno a riempiersi di gente e di acquirenti italiani.
Ma temo sia difficile che torni ancora quella frizzante atmosfera, allegra e in fondo innocente del Chicco d'Oro. Quelli erano i tempi di una generazione e di una società ancora figlie di anni difficili, della guerra e del dopoguerra, quindi di gente che ancora aveva la fortuna di meravigliarsi e di divertirsi davanti a cose semplici o addirittura banali come un pacchetto di Philip Morris, o di Chesterfield, o di una tavoletta di Toblerone a forma di triangolo.
Non parliamo poi dei miraggi sofisticati, sempre all'avanguardia e quindi costosi che il mercato elvetico offriva: dagli orologi alle macchine fotografiche, le cineprese, poi le prime invenzioni degli apparecchi elettronici, dei primi pc. E non c'erano ancora il Viagra e altre "polverine", capaci di, diciamo così, "tener su il morale". Comperare i prodotti costosi in Svizzera però era sempre un affare, anche se magari un po' rischioso portarli a casa. Ed era una gara tra i reduci di queste imprese commerciali "all'estero" a dimostrare di aver fatto l'affare più grande.
Ora tutto è diverso. Anche per togliersi la voglia di un prodotto tra i più sofisticati ci sono tante possibilità, occasioni di tutti i tipi. Anche le vetrine svizzere non reggono il confronto con i supermercati italiani, oppure le navigazioni in quell'immenso mare di Internet che tutto ha appianato e reso banale. Anche il computer però non può cancellare i ricordi. L'altra sera al bar un amico che era appena andato a Chiasso a far benzina ed era subito tornato in Italia senza fermarsi, rammentava che un tempo di certo non era così. Allora di già che si andava "di là" a far benzina si faceva una puntatina anche a Campione d'Italia. Però era meglio riempire subito il serbatoio dell'auto onde non correre il rischio di essere in "bolletta" al ritorno. Ma c'era anche chi si fermava al cinema di Mendrisio dove proiettavano pellicole a "luci rosse": roba che in Italia non era nemmeno concepibile. Ma anche questa in fondo era prevaricazione innocente. In confronto a quel che si può vedere oggi dovunque, quelle "luci rosse" erano assai smorte, quasi candide.
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