Tasse a parte (l'incremento dell'Irpef comunale è una ferita, per quanto inevitabile), le cose hanno marciato bene sia sul fronte degli interventi con le chiusure a impatto zero del viadotto Dei lavatoi e del viale Innocenzo (un otto all'assessore Daniela Gerosa), sia su quello della gestione.
L'ingaggio dell'architetto Cosenza dimostra che il valore di un dirigente pubblico non si misura solo con inspiegabili premi. Ci sono insomma segnali del promesso cambio di passo. Magari si potrebbe fare di più sul versante della trasparenza vincendo le resistenze per la pubblicità dei pass per l'accesso in auto nel centro storico.
L'autunno però si annuncia caldo sui due più importanti nodi della politica amministrativa cittadina. Se Lucini e i suoi hanno avuto il voto di gran parte degli elettori comaschi è per la speranza di vedere risolti i problemi del lungolago (in primis) e della Ticosa (in subordine).
Sì perché il nodo dell'area in cui sorgeva lo scheletro della tintostamperia più famosa e famigerata di Como è stato superato, nell'elenco delle priorità, dal cantiere rivierasco.
Al degrado nell'area di viale Innocenzo, ormai ci avevamo fatto il callo. All'idea di fare a meno del lago per anni, o di ritrovarsi grottesche e costose opere di difesa da un nemico (le esondazioni) che sembra uscito dalle pagine de "Il deserto dei Tartari" di Buzzati, proprio no. Per questo i comaschi hanno deciso di cambiare. Per questo si sono affidati a Lucini e al centrosinistra dopo quasi vent'anni di centrodestra.
Inutile ricordarlo al sindaco che lo ha ben in mente. Come altrettanto bene sa che lui e la sua maggioranza hanno di fronte un'occasione storica di perpetuare il governo della città e accompagnarla attraverso le trasformazioni, che giocoforza, Como sta vivendo.
Ecco perché la "primavera del lungolago", con l'addio alle paratie, il rifacimento della passeggiata e i tempi di cantieri ridotti all'osso, diventa un passaggio essenziale. Certo, tra il dire e il fare ci sono di mezzo parecchie cose. I quattrini soprattutto. E poi c'è la Regione con il suo atteggiamento tartufesco per cui da una parte benedice la modifica del progetto e dall'altra nega i soldi per risolvere il contenzioso con l'azienda che ha in appalto i lavori, la Sacaim, snodo essenziale per la svolta.
Ben altro era stato l'atteggiamento del presidente Roberto Formigoni quando accorse per rimediare alla scempiaggine del muro sul lago. Nessuno allora a Como pensò che tanta solerzia fosse da attribuire a ragioni elettorali. E stupisce anche l'atteggiamento degli esponenti locali della Lega che, oltre a rappresentare una forza politica che tutela gli interessi del territorio, hanno sempre contrastato, almeno a parole visto che stavano nella precedente maggioranza comunale, la deriva delle paratie. Ora si schierano con Milano. Sarà mica che le poltrone contano più della liberazione del lago? Chissà.
In ogni caso Lucini non può mostrarsi spiazzato dalla situazione. Se il sindaco imita il socialista Pietro Nenni che quando arrivò al governo con il primo centrosinistra nazionale dichiarò di essere entrato nella stanza dei bottoni senza trovare i bottoni, rischia di trasformare la sua occasione in una malinconica parentesi.
Va bene la riorganizzazione e la rimotivazione del personale, vanno bene i lavori stradali (fino a oggi) a low impatto, vanno bene i tagli di spesa e la razionalizzazione in atto del patrimonio comunale. Ma non basta. Lungolago e Ticosa richiedono soluzioni rapide ed efficaci. Nell'ordine di priorità di cui sopra, anche se la bonifica dell'area è una priorità di fatto. Che siano eredità avvelenate dell'amministrazione precedente lo sanno tutti. Ma i comaschi importa poco. E nella pagella del prossimo trimestre quantomeno il cantiere per la passeggiata sarà materia qualificante. Quasi già da esame.
Francesco Angelini
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