La politica è tornata ed è peggio di quando ci aveva lasciato. Constatazione amara, ma veritiera. Basta leggere le bordate dialettiche che si lanciano i capi partito e i capi popolo. Le ultime, quelle tra Bersani e Grillo, hanno rasentato il ridicolo. O forse il drammatico.
Siamo sempre stati dalla parte di chi pensa che il primato della politica non possa essere messo in discussione. Che un paese debba essere governato dalla politica e non dai tecnocrati, ma lo spettacolo di questi giorni, smorza ogni entusiasmo. Non c'è nessun progetto; semplicemente è come se i partiti, stanchi di essere relegati in un angolo, a schiacciare pulsanti in un Parlamento di fatto svuotato delle sue prerogative, siano usciti dalle loro stanze rivendicando il proprio ruolo. Ma per fare che? Da dove intendono ricominciare?
In realtà è come se il tempo non fosse passato. Le alleanze continuano a nascere non in nome di un progetto comune, ma sulla base di un mero calcolo elettorale. Il centrosinistra si illude di porre un argine all'antipolitica di Grillo, costruendo maggioranze che non reggerebbero un mese alla prova di governo. Dall'altra, nel centrodestra, non si è avuto il coraggio di opporsi all'ipotesi, ormai certezza, di un ritorno in campo del Cavaliere. E così c'è il rischio di precipitare in una rissa pre-elettorale, che sarebbe drammatica per il Paese. E' davvero impensabile che da un lato, chi nonostante una maggioranza senza precedenti non ha saputo realizzare l'auspicata riforma liberale, riproponga leader e formule del passato e dall'altro si riproponga una "coalizione arlecchino", la cui mancanza di coesione ripropone l'ingovernabilità già sperimentata. In questo scenario è facile prevedere che il niente proposto dai comici diventati capipopolo, riesca a catturare più consensi di una politica che riesce a ripresentare solo il proprio lato peggiore e fallimentare.
Il governo Monti ha avuto l'indubbio merito di restituire all'Italia quel rispetto internazionale che aveva perso. Ha trascinato il Paese fuori dal baratro, chiedendo ai cittadini sacrifici senza precedenti. Forse era inevitabile. Probabilmente Monti ha fatto semplicemente quello che i partiti si sono rifiutati di fare per il rischio di perdere consenso elettorale. Ma l'emergenza non è certo finita, il Paese rischia ancora di scendere in serie B, con l'inevitabile conseguenza di impoverirsi e di rendere ancora più drammatica la situazione di quella parte di popolazione già in difficoltà. E allora non può che inquietare il fatto che nella prossima competizione elettorale rischino di fronteggiarsi un fronte popolare così allargato da contenere posizioni inconciliabili e un centrodestra capace solo di riproporre vecchi leader, fuori dalla storia.
Ma allora a cosa deve guardare la politica, da cosa deve prendere slancio, per mostrare il suo lato più vero e più affascinante? Basterebbe il coraggio di guardare alla capacità di iniziativa di tanti uomini e di tante donne che, nonostante la crisi, liberamente e dal basso, hanno continuato a costruire, dando vita ad iniziative in risposta ai bisogni personali e di tutti. Il coraggio di guardare al Paese reale, quello che silenziosamente si è ribellato al pessimismo e all'idea che tutto era perduto. Per rimettere in moto l'Italia, prima di ogni formula e di ogni politica economica, c'è da guardare all'uomo che è il vero soggetto del cambiamento.
La politica ha un solo compito nel prossimo futuro: favorire creatività, desideri, spirito di iniziativa. Gli italiani sapranno capire chi avrà avuto questo coraggio.
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