La parola d'ordine che impera tra i partiti della maggioranza, i soli in grado di dare attuazione ai progetti di legge presentati in parlamento, è di sbarazzarsi del Porcellum, la famigerata legge elettorale vigente che è diventata la pietra di paragone per giudicare il comportamento della classe politica.
E' tale l'allarme che risuona nei corridoi del Palazzo che il gruppo di parlamentari della maggioranza incaricati di redigere il testo di una possibile riforma elettorale - udite, udite - ha lavorato ininterrottamente tutto agosto. Tanta dedizione al lavoro non dipende dalla fretta di tradurre in legge una visione del nostro complessivo ordinamento istituzionale finalmente giunta a maturazione. Sentono semplicemente che i cittadini sono imbufaliti nei loro confronti e, se non vedono abolito almeno l'odiato Porcellum, hanno già i forconi pronti per infilzare parlamentari scaduti che osino richieder loro la riconferma.
E' probabile, oltre che naturalmente auspicabile - che una qualche riforma elettorale alla fine veda la luce. Conosciamo anche a grandi linee gli orientamenti maturati all'interno del gruppo incaricato di trovare un accordo sul testo della riforma: ritorno ad un proporzionale moderatamente corretto in senso proporzionale con un premio del dieci-quindici per cento al partito o alla coalizione (è questo un punto controverso) vincente, sbarramento al 5%, superamento delle liste bloccate a avore dell'invocata elezione (e non più nomina dall'alto) dei parlamentari, base di scelta degli eletti in piccoli collegi o in circoscrizioni, collegi uninominali o preferenze.
La riforma elettorale è condizione necessaria perché i partiti evitino un'autentica Caporetto, ma non è affatto sufficiente. L'esclusione dell'elettore dalla scelta dei propri rappresentanti sancita dall'attuale legge elettorale ha contribuito certamente ad aumentare la disaffezione nei confronti della politica. Ma il male oscuro che sta minacciando la vita dei partiti ha radici profonde e non si può estirpare con la leva di una semplice legge elettorale. E' un argomento, questo, che non scalda certo i cuori dell''opinione pubblica. Ed è inutile lamentare il qualunquismo del cittadino comune che non capisce la delicatezza delle norme che presiedono alla scelta degli eletti. Il cosiddetto uomo qualunque va al sodo e si chiede: quale futuro mi possono garantire forze politiche che, non contente del disastro procurato - certo, con diverso grado di responsabilità ma tutte in qualche modo responsabili del bilancio fallimentare di questa Seconda Repubblica -, non si sono peritate sinora di chiarire come, quando, con quali altri sacrifici pensano di portarci fuori dal tunnel della crisi?
Aspettiamo ancora di sapere, non chi è meglio posizionato agli stacchi di partenza nella gara elettorale, ma cosa intende fare il promesso vincitore una volta che avrà tagliato il nastro d'arrivo per primo.
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