Non è uno scherzo. O almeno non lo è di più dei pasticci burocratici che stanno affossando questo inizio di anno scolastico. Prima sono state sospese le nomine dei precari. Una beffa non solo per i 50mila insegnanti (o aspiranti tali) che in Lombardia affollano le graduatorie permanenti, ma anche per un milione e centomila studenti, tanti sono gli iscritti alle scuole statali. La spiegazione che è stata data al popolo, emendata di tecnicismi e sindacalismi, ovvero tradotta dallo scuolese all'italiano, non è più soddisfacente di quella per cui siamo chiamati a pagare l'Imu o a riempire i serbatoi delle nostre auto con oro fuso. Pare che la colpa sia della riforma Gelmini, che riducendo le ore, ha ridotto anche le cattedre, creando una quantità di perdenti posto tra i docenti di ruolo difficile da ricollocare. Così il ministero ha faticato ha trovare una soluzione per disciplinare gli spostamenti da una scuola all'altra di chi un contratto a tempo indeterminato già ce l'aveva, e magari anche da venti o più anni. A cascata sono slittate le altre assunzioni, sia definitive che temporanee.
Gli Ambiti territoriali (sempre traducendo dallo scuolese: ex provveditorati) sono stati costretti a una corsa contro il tempo per assegnare, entro domani, 5.800 posti di ruolo. Ma poi ne rimarrà il triplo da affidare a supplenti annuali. E ci dovranno pensare i dirigenti scolastici (già presidi, per chi non parla la strana lingua della scuola del Terzo millennio), perché dal 1° settembre, per legge, la palla passa a loro.
Visto che la riforma Gelmini è stata pubblicata a marzo del 2009, e che da quasi un anno la stessa Gelmini non è più ministro, qualcuno potrebbe obiettare che forse si sarebbero potute prevedere le conseguenze, ponendovi rimedio per tempo, invece di aspettare fino ad oggi. In un altro Paese, forse. In Italia, alla programmazione, si preferisce lo scaricabarile.
Il problema è che oggi il barile delle nomine dei docenti precari, e più in generale quello della gestione delle scuole, rischia di cadere nel vuoto. O di finire ancora una volta sulle nostre teste. E su quelle dei nostri figli. Sì, perché all'alba delle 11 di ieri mattina l'Ufficio scolastico regionale ha sospeso le nomine dei 355 dirigenti vincitori di concorso, precedentemente convocati per oggi. Stavolta non è colpa della riforma Gelmini, ma di una busta trasparente. Quella che conteneva i nomi dei candidati, leggibili in trasparenza e quindi teoricamente abbinabili ai rispettivi elaborati, che invece dovevano essere consegnati e corretti in forma anonima. Un dettaglio contestato da alcuni "bocciati". Legittimamente, certo. Ma ogni ricorso, anche alla giustizia amministrativa, in Italia innesta una telenovela giudiziaria che, tra primo e secondo grado, rinvii e ferie dei magistrati, ha come unica certezza tempi lunghi. L'udienza di merito è stata fissata per il 20 novembre, intanto la Direzione regionale dovrà ricorrere ai "soliti" reggenti (cioè presidi costretti a dividersi tra due scuole, moltiplicando così il disagio da 355 a 710 istituti) o a pescare fuori regione.
Il danno riguarda tutti, non solo chi ha sacrificato per mesi tempo ed energie per prepararsi al concorso (e parliamo di persone tra i 32 e i 60 anni, tra cui alcune di altre regioni, che dopo la pubblicazione delle graduatorie avevano cambiato casa per avvicinarsi al luogo di lavoro presunto), ma anche la collettività che lo ha pagato. E se il Consiglio di Stato dovesse annullarlo definitivamente, dove si troveranno i soldi per ripeterlo? E che senso avrà ripeterlo, se intanto nelle altre Regioni si è svolto regolarmente e i candidati risultati idonei, ma non nominati, potranno chiedere il trasferimento in Lombardia?
In una situazione del genere, pensare alla "scuola paterna" non è poi tanto strano. È l'unica che non è stata riformata, che non ha assunto nomi incomprensibli: significa che i genitori provvedono alla formazione dei figli e poi questi ultimi a fine anno saranno esaminati dalla scuola pubblica più vicina alla residenza, per essere "promossi".
Se non ve la sentite di insegnare tutte le materie, provate a fare un giro di telefonate ad amici cassintegrati o in cerca di lavoro. Potreste riuscire a "mettere su" una cooperativa di genitori in tempi più brevi di quelli in cui lo Stato garantirà un preside ai vostri figli.
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