La questione divide il mondo politico (e no) dall'indomani del clamoroso scivolone familistico di Umberto Bossi. Passate le consegne obtorto collo a Bobo Maroni, è iniziato il balletto a distanza sulla reale leadership del movimento, tra voci di scissioni, messaggi incrociati (più spesso contorti) e persino esili dal buen retiro dei tempi andati, come Ponte di Legno. In sintesi, da Belsito ai giorni nostri, via Trota e Assago, il Carroccio non si è fatto proprio mancare nulla.
Fin qui la Lega dei colonnelli, ora intenta a trovare un nuovo filone d'azione: o meglio, una exit strategy. Dopo essere rimbalzata dalla secessione al federalismo, dalla devolution alla riforma costituzionale, ora si muove tra la macroregione del Nord e il referendum anti euro. Che qualche fascino ce l'avrá, ma probabilmente non tra quell'elettorato che, pur non militando nel Carroccio, nel segreto dell'urna l'ha votato, contribuendo in modo decisivo al suo successo. Partite Iva e dintorni, per capirci. Un'importante (seppur mai maggioritaria) fetta del Nord che in questi anni ha messo nelle mani della Lega una sorta di cambiale in bianco e che dopo flop in serie non vuole altri salti nel buio. Ma che di fatto non ha ancora una vera alternativa praticabile e crede pochino al giacobinismo multimediale dei grillini.
Poi c'è la base della Lega, anzi prima di tutto. Perchè se il Carroccio non è finito fuori strada, grande merito va dato al popolo delle sezioni. Quello che fino all'altro ieri venerava Bossi al punto da mandar giù qualsiasi cosa (anche solenni castronerie, talvolta...) e che oggi qualche imbarazzo ce l'ha.
Insieme ai dubbi. Che magari si esalta davanti ai proclami di future corse in solitudine e poi si perplime guardando all'attualità dell'alleanza variabile con il Pdl al Pirellone, comunque necessaria per tenere in piedi Cota e Zaia in Piemonte e Veneto.
La base c'è, insomma, chi più, chi meno. Fedele ma anche un po' delusa, desiderosa di qualche segnale forte che premi un impegno costante sul territorio. Una base che ora, dopo aver metabolizzato fin troppo facilmente cambiamenti inimmaginabili fino a qualche mese fa, attende di ripartire. Gli slogan non sono cambiati, sono quelli di sempre, gli obiettivi pure: il problema è che ormai sono passati vent'anni, e dopo un po' anche la fiducia più cieca rischia di esaurirsi. A questo punto subentrano stanchezza e forse anche un po' di disillusione.
© RIPRODUZIONE RISERVATA