«La mancata divulgazione dei nomi - scrivono - è allo stato motivata dal rispetto dell'autonomia degli uffici e dall'attesa della risposta del Garante al quesito che gli stessi quanto prima rivolgeranno».
Insomma, a Palazzo Cernezzi la giunta prende ordini dai burocrati. E lo dice pure candidamente, affidandosi allo scritto della Magni (che fa le veci del sindaco, in vacanza fino a lunedì) e di Iantorno: «Ci teniamo a sottolineare che non esiste alcun motivo o interesse a non divulgare i nomi dei titolari dei pass, atteso oltretutto che le autorizzazioni sono state tutte rilasciate in epoca antecedente al nostro insediamento». Bene, quindi? Ahimè, non possiamo. Perché? Perché «i dirigenti responsabili, nell'ambito della loro autonomia di gestione, anche in considerazione della complessità del caso e del mancato rinvenimento di specifici espressi precedenti, hanno deciso di rivolgere con urgenza un preciso quesito al Garante per la protezione dei dati personali».
E qui si arriva a un cortocircuito che sconfina nel grottesco. Ricapitoliamo: il 31 luglio "La Provincia" chiede l'elenco dei possessori di pass per il centro storico, nome per nome e suddiviso per categorie. Il 3 agosto c'è la risposta del Comune: «Non è possibile accogliere la richiesta relativa ai nomi dei titolari in quanto in contrasto con quanto previsto dall'articolo 137, comma 3, del Codice in materia di protezione dei dati personali». In data 29 agosto, a seguito del quesito del giornale, arriva il pronunciamento del Garante sulla privacy. Dice a chiare lettere che «la disciplina sulla tutela dei dati personali», invocata dal Comune, «non può essere in quanto tale invocata per negare in via di principio l'accesso ai documenti amministrativi». Insomma cade il paravento di Palazzo Cernezzi: sui pass non c'è privacy che tenga.
Altro giro, altra corsa, con una nuova richiesta formale degli elenchi formalizzata il 3 settembre al sindaco, alla sua vice, all'assessore alla trasparenza, al segretario generale, alle sue due vice e alla dirigente del settore legale. Passano quattro giorni e si arriva vertice di ieri. Il Comune poteva dire ancora di no, trovando però una motivazione diversa che non fosse la privacy. E invece cosa fa? Qui arriviamo al cortocircuito. Non solo ignora la richiesta del giornale, continuando a negare i nomi. E passi. Ma ignora pure il pronunciamento del Garante, lasciando intuire che del giornale non si fida, al punto di riformulare il quesito all'Authority. Sì, proprio all'Autority. Quasi che "La Provincia" avesse manipolato la richiesta al Garante che, per inciso, è stata da noi tranquillamente fornita al Comune al pari del successivo pronunciamento.
Chi ha votato Lucini lo ha fatto perché decida, non perché lo faccia qualcun altro in vece sua. Tanto più che gli uffici, almeno in teoria, dovrebbero avere un ruolo di supporto al governo della città, che prima di tutto è politico. Invece siamo al paradosso: il sindaco, la sua vice e l'assessore alla trasparenza dicono pubblicamente che sono d'accordo con la diffusione dei nomi (al punto di ipotizzare una liberatoria con il prossimo regolamento sui pass) e con il riesame della vicenda. Poi ignorano il pronunciamento del Garante, che dirime senza possibilità di equivoci la questione, si consegnano mani e piedi in ostaggio agli uffici e lo ammettono pure. Stiamo esagerando? Al sindaco Mario Lucini il compito di spiegarci perché.
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