Prendiamo Como. Dopo essere stata abbinata a metà delle città dell'arco alpino e ai laghi dell'arco prealpino, isole comprese, è stata accostata a Monza. Ipotesi per nulla gradita al sindaco Lucini ma che pare tornata in auge. Ora che il momento delle scelte si avvicina, ogni candidatura rischia di diventare quella definitiva, e tale vociare su Monza inizia a preoccupare in riva al Lario e sotto il Sacro Monte.
L'idea che vaga nell'aria è quella di creare un "provincione" sulla base dei parametri fissati dal Governo (minimo 350.000 abitanti e una superficie di 2.500 chilometri quadrati) che comprenda Monza, Como, Varese o Lecco, con capoluogo la città del Gran Premio e della Corona Ferrea.
Sarebbe una provincia con il baricentro basso rispetto ai territori che la compongono e assai vicina a Milano. Senza fare del campanilismo, sarebbe una sorta di controsenso. Storico, oltre che logico e pratico.
Il nuovo capoluogo di provincia manterrà una serie di servizi pubblici di riferimento per cui, se giustamente lo Stato vuole risparmiare sopprimendo enti troppo piccoli e costosi, occorre però che garantisca almeno un minimo di accessibilità. E in questo territorio, Monza sarebbe all'estremità sud, tutto fuorché facilmente accessibile. Pensiamo all'Alto Lario o alla zona del Verbano o alla Val Cavargna, che Monza la sentono giusto nominare per la pole position della Ferrari, quando c'è.
Como, per volere del Padreterno, riveste invece una posizione assai più centrale per il nuovo ente che dovrà garantire sì la logistica migliore ma anche una degna rappresentanza. Certo, da comaschi ci sfreghiamo le nocche sul petto ricordando che Como capoluogo non farebbe che ripristinare l'antica provincia fondata nel 1860 che perse Varese nel 1927 e Lecco nel 1995. Aggregazione sopravvissuta fino a pochi anni fa con la Sesta Legione della Guardia di Finanza. Sarebbe insomma un ritorno alle origini e alla storia, probabilmente poco gradito agli ex partner, ma che risponde alla logica neutrale delle distanze e che unirebbe città e territori simili per conformazione geografica, tessuto economico e sociale.
Non si può ignorare che Monza Brianza è una provincia nata da poco e che è stata voluta più dalla politica che dalla gente, una bella collezione di cariche da ricoprire e poltrone da occupare a poche fermate di metrò dal centro di Milano. Con l'arco prealpino non ha storia comune e non ha particolari affinità, se non con una parte della Brianza.
Inoltre, avendo una metropoli alle porte, la superprovincia di Monza renderebbe irrisorio il peso di Varese o Como o Lecco. Ed è questo il rischio che le città prealpine non vogliono correre.
E' pur legittimo chiedersi che cosa Como abbia fatto per meritarsi l'investitura degli ex capoluoghi di provincia confinanti. Se togliamo la comodità dell'autostrada (che non va però da est a ovest) la viabilità è ottocentesca, la disponibilità di parcheggi scarsa, le infrastrutture lasciano spesso a desiderare e di questi tempi pure il panorama è andato a farsi benedire. Perché, quindi, Varese o Lecco, dovrebbero maritarsi con una sposa che già ritengono antipatica e che è pure poco attraente? Per un semplice motivo: lascerebbero a casa Monza, la suocera. Che, a guardar bene, lei un lago non ce l'ha.
Mauro Butti
© RIPRODUZIONE RISERVATA