Nella casa dei due maggiori (per il momento) partiti regna la confusione. Il Pdl non ha fatto conoscere (ma il peggio è che non lo sa nemmeno lui) con quali alleanze, con quale programma, con quale leader si presenterà agli elettori. Per non sbagliare, nel frattempo sostiene un governo che la metà del partito, sostenuto dalla grancassa della stampa fiancheggiatrice, non smette di attaccare. Da parte sua il Pd, accreditato dai sondaggi di un netto vantaggio sugli avversari e quindi virtualmente gravato della responsabilità della guida del prossimo governo, non ci ha ancora detto con quale agenda, con quale equipaggio, con quale rotta pensa di guidare l'Italia fuori da una tempesta finanziaria che è ben lungi dall'essere superata.
In tutta questa confusione sembra esista un solo punto fermo. Pdl e Pd sono divisi su tutto, ma concordano sulla necessità inderogabile di chiudere con la stagione dei governi tecnici. La parola d'ordine che non smettono di ribadire è: la politica deve recuperare il ruolo che le compete. C'è il piccolo particolare che, a meno di non andare in rotta di collisione con Bruxelles, Strasburgo, la Banca centrale europea, il Fondo monetario internazionale, i mercati (basta?), con tutte le perniciose conseguenze immaginabili per la nostra economia, la nostra finanza pubblica, il sistema bancario, le imprese, i lavoratori, i risparmiatori e contribuenti tutti; a meno, insomma, di non finire come la Grecia, chiunque governerà dovrà comunque rispettare i pesanti vincoli finanziari e attuare le dolorose riforme strutturali impostici dal nostro stratosferico indebitamento e dalla crescita zero che ci condanna ad essere lo stabile fanalino di coda dell'Europa. Anche se si fa finta di nulla, è bene ricordare che ci siamo vincolati firmando il Fiscal compact, il Patto di bilancio, a rientrare al di sotto del 60% nel rapporto debito/Pil nel giro di 20 anni, ad un ritmo pari ad un ventesimo dell'eccedenza in ciascuna annualità; il che equivale a dire che dovremmo recuperare una cifra di 40 miliardi di euro ogni anno. Se si pensa che la manovra Monti ci è costata 15 miliardi, abbiamo la misura del colossale impegno che abbiamo sottoscritto.
Lo spread in questi giorni si è abbassato, la speculazione sembra averci concesso un po' di respiro. Merito delle decisioni prese da Draghi, ma il governatore della Bce lo ha detto, non farà sconti ai paesi che derogheranno dai loro obblighi. I partiti sono avvisati e gli elettori ne terranno conto di sicuro.
Roberto Chiarini
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