Il transito dal confine, ogni giorno, da parte di migliaia di lavoratori frontalieri serve a ricordarci quanto sia benigna, per la nostra economia, la prossimità con il Canton Ticino. Non è vergogna dire, addirittura, che gli effetti della crisi, nel Comasco e nel Varesotto, sono stati attutiti proprio dalla forza-lavoro assorbita dalle imprese svizzere. Molti altri elementi possono essere aggiunti al collage di cose rossocrociate che, qui da noi, non mancano di incontrare apprezzamento. Alla rinfusa: l'istituto del referendum, l'ordine e il nitore dell'arredo urbano, la vellutata scorrevolezza degli asfalti, il cioccolato, le caramelle Sugus.
Per farla breve: non si può certo affermare che, qui, abbiamo un pregiudizio contro gli svizzeri. Al contrario, sappiamo apprezzarne i lati buoni. Questa la ragione per cui, quando si comportano male e glielo diciamo, dovrebbero prenderci sul serio. Il fatto è che quando si comportano male, si comportano male sul serio, mostrando, loro sì, di nutrire un genuino disprezzo per noi vicini di Stato.
Leggerete oggi in cronaca che il Comune di Como è in credito di otto milioni in multe non pagate. Di questi milioni, una quota non indifferente è dovuta da cittadini elvetici. Dice l'assessore al Bilancio Giulia Pusterla: «Molte contravvenzioni non riscosse sono irrogate a svizzeri. Mi riservo di approfondire la questione con l'ufficio legale perché devono pagare tutti, elvetici inclusi».
Senza ironia: auguri all'assessore. Perché è fin troppo chiaro, anche a una semplice osservazione empirica, come troppo spesso l'automobilista svizzero, una volta passata la dogana e raggiunta l'Italia, si senta libero da ogni sorta di obbligo legale, sollevato da qualunque responsabilità morale e, come se non bastasse, esonerato dai più elementari criteri di prudenza. Spiace ricordarlo in un contesto che, fino a questo punto, potrebbe aver dato l'impressione di un giocoso campanilismo, ma ancora torna alla mente la recente morte della piccola Stephany, otto anni di Fino Mornasco, vittima di un incidente stradale che ha visto il coinvolgimento di un automobilista ticinese.
Oltre all'ingiustizia e alla mancanza di rispetto che questa doppia morale - una valida al di là del confine e una, molto più lasca, che entra in vigore al di qua - implica nei nostri confronti, occorre sottolineare che un'educazione civica pronta a venir meno al cambio di latitudine non è una qualità di cui menar gran vanto. L'educazione, al contrario, dovrebbe essere una costante dell'individuo, il bagaglio più leggero e più importante che sempre lo accompagna: quello che gli consente di camminare a testa alta sotto qualunque Luna e lungo qualunque strada. Quello che fa di lui, a Nord come a Sud, un uomo e non un caporale, una persona e non un furbastro. Un signore, o una signora, che dà una mano quando c'è da dare una mano, sorride quando c'è da sorridere, discute quando c'è da discutere. E paga quando c'è da pagare.
Mario Schiani
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