Non è così; sotto sotto, queste caratteristiche resistono e l'esecutivo, in superficie sobrio, misurato e inflessibile, nel profondo si comporta come ogni altro tra i mille passati da palazzo Chigi: annuncia provvedimenti di portata epocale, studia riforme radicali e innovazioni ardite e poi, poco a poco, cede un po' su questo e un po' su quello, lima uno spigolo, carteggia una ruvidità e, dal potente cardiotonico, ripiega sulla minestrina. La riforma annunciata con tanta enfasi è così diventata un'accurata conservazione dello status quo.
Diciamo questo perché, proprio ieri, il governo Monti ha dato prova di comportarsi come un Berlusconi qualunque o come un Prodi già visto, facendo scomparire dal decreto legge sulla sanità la famosa "distanza minima" delle sale gioco da scuole e ospedali. Si capisce, il problema della "ludopatia" - la patologica dipendenza dal gioco d'azzardo - resta «a fuoco» e il provvedimento che la riguarda «mantiene intatto l'impianto», ma è come dire che se a parole siamo bravissimi a risolvere ogni cosa, nella pratica spesso vien meglio soprassedere.
Fatti due conti, il governo deve aver realizzato che rendere la vita un poco più difficile alle sale gioco, in questa congiuntura economica, è un rischio. Qualcuna potrebbe chiudere, qualcun altra potrebbe non aprire: in altre parole, più disoccupati e meno tasse. Di fronte a questi argomenti, non c'è tutela della salute che tenga e l'esecutivo più progressista si scopre, all'improvviso, guardia armata del libero mercato.
Uno sforzo non così solenne per il governo Monti, composto da professori non estranei a liberismo ma anche, avremmo giurato, da galantuomini capaci di tener conto delle cose importanti nel giusto ordine. A noi, che in linea di principio non siamo contrari a qualche schedina e a un po' di lotterie, il dilagare delle sale giochi, la loro prossimità con le scuole e l'aria equivoca che, in qualche caso, da esse promana (dalle sale, non dalle scuole) non è che convincano molto. Ci sembrava ragionevole, dunque, pensare a una qualche limitazione, a una sorta di controllo geografico, di fascia protetta, in modo che la libertà di chi vuole giocare d'azzardo non interferisse con il diritto (e il dovere) dei ragazzi di farsi un'istruzione senza diversivi o discutibili tentazioni. Sbagliavamo: di fronte al rischio di interferire con l'economia e di ammaccare il Pil, il governo dei tecnici ha fatto retromarcia esattamente come avrebbe fatto un governicchio balneare della Prima Repubblica. Guai a rischiare l'impopolarità e guai a disturbare la ripresa. Quanto davvero ci costerà, questa agognata ripresa, è un conto che prima o poi saremo costretti a fare.
Mario Schiani
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