Non è detto però che il sindaco di Como non rischi, magari più avanti, una personale Waterloo. E forse non per colpa sua e neppure per la reattività di un avversario oggi alquanto disorientato.
Le incognite per Lucini sono caso mai legate all'assenza di un supporto politico che sostenga, cementi e indirizzi la sua attività amministrativa. Una questione per tutte, anzi la questione: il lungolago. Ieri, davanti al Rotary Baradello, il primo cittadino ha dilatato i tempi per sbrogliare una matassa intricatissima, non solo per la pur rilevante carenza di fondi. Nel contenzioso in atto con la Regione sul rapporto con l'azienda appaltatrice, la Sacaim, la latitanza della politica si fa sentire e lascia Lucini solo in campo aperto contro Formigoni con tutte le difficoltà nel condurre una battaglia ad armi dispari.
Il rischio è far perdere la pazienza e perdere il consenso dei cittadini che, anche al di fuori dell'elettorato di centrosinistra, hanno scelto l'attuale sindaco confidando in una rapida soluzione del pasticciaccio brutto combinato dal suo predecessore.
È la componente politica di una coalizione a doversi far carico dei voti in libera uscita per evitare che rientrino. Non si può pretendere anche questo dai rappresentanti istituzionali.
Un'altra questione è quella dell'accorpamento delle Province con il concreto rischio della perdita per Como del ruolo di capoluogo a vantaggio di Monza. Una prospettiva inaccettabile per la città e non solo per una faccenda di campanile. Anche in questo caso il sindaco deve essere affiancato e consigliato. L'accorpamento con Varese e Lecco ci porterebbe, come ha evidenziato il senatore del PdL, Alessio Butti, dritti nelle fauci di Monza. Meglio allora ragionare sull'unione con il solo territorio della Città giardino, ma anche non trascurare il rapporto con Milano città metropolitana per non perdere con il treno dei finanziamenti per le infrastrutture, tutti gli altri.
Ma chi dovrebbe dare una mano a Lucini, visto che comunque in politica i vuoti si riempiono sempre e che, in ogni caso, il sindaco ha l'aperto sostegno delle categorie che sono anche soggetti politici? Alla seconda domanda si potrebbe rispondere che non sempre gli interessi, legittimi, delle categorie possono coincidere con quelli della città. Alla prima che non è detto che i vuoti si riempiano nel modo giusto. Senza stare a girarci troppo a fianco del primo cittadino e alla giunta serve un partito, il Pd, di cui a Como è difficile dimostrare l'esistenza in vita se non grazie ai suoi rappresentanti istituzionali (su tutti Luca Gaffuri che però fa il capogruppo in Regione e non può stare sempre sul pezzo comasco). Vero che nella Seconda Repubblica la politica è stata fatta perlopiù nelle istituzioni. I risultati, però, sono sotto gli occhi di tutti.
Un partito che ambisca a guida il Paese dovrebbe essere in grado di manifestare la propria presenza ed elaborare le proprie proposte anche nelle articolazioni locali.
Altrimenti, il rischio è che alla scadenza dei duecento giorni, l'occasione storica di governo della città da parte del centrosinistra si trasformi nel presupposto di un nuovo esilio. Sant'Elena docet.
© RIPRODUZIONE RISERVATA