Malgrado l'istruzione rappresenti uno dei fondamenti dello Stato democratico, l'opinione pubblica sembra non nutrire interesse nei confronti della scuola italiana. Sui gravi problemi che la attanagliano permane un assordante silenzio ed è inutile tirare in ballo la crisi: è sempre stato così.
Bisogna partire da una verità difficilmente contestabile: nel nostro paese manca un ordinamento scolastico moderno e competitivo in grado di coniugare le esigenze dell'universo produttivo con quelle, imprescindibili della formazione culturale del cittadino. Il problema più grave che affligge il nostro sistema educativo è la crescente incompatibilità tra il linguaggio dei docenti e l'universo simbolico dei ragazzi i quali vivono l'esperienza scolastica con grande noia e senso di frustrazione. Mai, come oggi, alunni e professori sembrano parlare due lingue completamente diverse. Ciò è da imputarsi prinmcipalmente all'avvento delle nuove tecnologie da cui si è originato un conflitto di modelli culturali che la scuola non è in grado di mediare. Negli anni abbiamo assistito al declino di autorevolezza degli insegnanti ai quali la società ha progressivamente eroso gli ultimi scampoli di prestigio: sono troppo poveri perché pretendano di essere anche ascoltati.
Da tempo la scuola italiana si presenta come un pachiderma, immutabile e uguale a se stesso, incapace di stare al passo dei tempi. La televisione e il web hanno acuito la divaricazione tra il linguaggio dei giovani, avvezzi alla velocità del messaggio digitale, e quello dei professori, adusi a perpetuare un sapere che ai giovani risulta stucchevole, lento e fuori dal tempo. La scuola italiana rappresenta efficacemente il conflitto generazionale esistente nell'Occidente industrializzato in cui soltanto oggi ci si interroga sulla necessità di governare con la "cultura", senza tentazioni censorie, lo strapotere delle nuove tecnologie il cui potere uniformante costituisce una delle maggiori cause di disgregazione sociale.
La "società liquida", di cui parla Bauman, rappresenta l'esito finale di questa trasformazione antropologica che, naturalmente, non poteva risparmiare la scuola. I profondi cambiamenti sociali che hanno scosso le basi delle società occidentali sono la vera causa dell'inadeguatezza del nostro sistema scolastico, colpevolmente trascurata da tutti i governi dell'Italia repubblicana.
Per anni la scuola italiana ha continuato ad arretrare nelle graduatorie mondiali. Il diploma prima, e la laurea poi, hanno perso valore e col tempo si è consolidata l'idea che la cultura e il sapere non fossero indispensabili per acquisire prestigio e credibilità sociale. L'evidenza empirica dimostra chiaramente che l'ascensore sociale dipende sempre più dal talento individuale e sempre meno dai titoli di studio. Per questo occorre che siano gli stessi giovani a pretendere una scuola di qualità. Solo in questo modo un giorno smetteremo di dire che l'Italia è "un paese per vecchi".
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